IERI E OGGI Mosole, motore inesauribile

Se è vero che la rinuncia da parte del governo a candidare Roma alle Olimpiadi è uno dei temi più chiacchierati del momento, è altrettanto vero che tra i più accreditati a parlare di grandi eventi e...
CICLISMO: MATTIA CATTANEO E REMO MOSOLE
CICLISMO: MATTIA CATTANEO E REMO MOSOLE

Se è vero che la rinuncia da parte del governo a candidare Roma alle Olimpiadi è uno dei temi più chiacchierati del momento, è altrettanto vero che tra i più accreditati a parlare di grandi eventi e di apparati organizzativi efficienti è Remo Mosole, a capo della finanziaria che portò i Mondiali di ciclismo sul Montello nell'85 e infaticabile «motore» delle grandi manifestazioni che si sono svolte negli anni successivi nel palcoscenico delle sue Bandie, il bacino alla periferia di Treviso che l'industriale della ghiaia di Saletto ha trasformato in una specie di oasi dello sport.

«Ho scritto un telegramma a Monti per complimentarmi della sua coraggiosa decisione. Le Olimpiadi a Roma sarebbero state un'occasione per grande speculazione e spreco. Le avessero assegnate a noi veneti avremmo certamente impostato le cose per il meglio». Così Remo manifesta quello spirito battagliero che è la sua autentica forza, unita a quella laboriosità che gli viene da anni di gavetta. «Ho lavorato tutta la vita, fin da quando avevo 11 anni. Assoggettandomi a lavori poveri, alle umiliazioni degli emigranti trattati all'estero davvero male». E proprio da emigrante Mosole scoprì il ciclismo che è da sempre nel suo cuore. «In Francia vidi passare in testa, in una tappa del Tour che andai a vedere con il tricolore in mano, Fausto Coppi che poi volò per primo al traguardo. Fu un tuffo al cuore». Lo stesso che oggi prova quando vede uno dei suoi ragazzi, uno dei tanti campioni che la sua Unione Ciclisti Trevigiani annovera, in una caccia al podio che si ripropone di settimana in settimana, sfrecciare primo al traguardo. «E' una gioia indicibile! Il ciclismo, nonostante si faccia di tutto per affossarlo, è uno sport meraviglioso, che richiama lungo le strade migliaia di appassionati, famiglie, sportivi e non, senza mai pagare il biglietto. In cambio i campioni di ieri e di oggi restituiscono fatica, impegno, imprese epiche e belle vittorie. La formula è sempre la stessa, ma quando scopre un campione l'Italia è pronta sempre ad entusiasmarsi».

Si entusiasma Remo, a parlare del futuro che per lui vuol dire sempre nuove sfide: tra i suoi progetti c'era anche un velodromo a Treviso. Aveva dato la sua disponibilità ad ospitarlo regalando il terreno a nord della città, dove gli snodi autostradali lo rendevano comodo, ma una serie di veti incrociati, anche incomprensibili, han vanificato i suoi intenti. «Il velodromo a Treviso si poteva fare. Va fatto a nord e non a sud della città, senza attraversarla. Io sono sempre disponibile ma nessuno mi ha dato retta».

Ben conoscendo la sua sportività (e gli ampi mezzi...) molte società calcistiche hanno bussato alla sua porta nella speranza di trovare un mecenate. «Ma il calcio non fa per me, c'è poca chiarezza...». Così sperano che il suo amore per le due ruote non finisca mai, anche se ai tempi del clamoroso annuncio del forfait dei Benetton, Mosole si unì al coro promettendo un abbandono sul quale oggi glissa con un diplomatico «Vedremo...», che per chi lo conosce suona come «Scordatevelo...».

Prando Prandi

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