Così Chillo è diventato “nu buono guaglione” «Potevo fare il terzino ora ho beffato la Effe»

TREVISO
Sognava Smodis, oggi è l’erede ideale di Black Nino Pellacani. Corsi e ricorsi storici nel percorso umano e sportivo di Matteo Chillo, terzino mancato, cresciuto nella Fortitudo che però non ha creduto del tutto in lui, maturato a Treviso dove ha trovato un ruolo, una dimensione e la fiducia di un allenatore che crede in lui. «Menetti ha creduto in me già in A2 – dice – il mio segreto? Vivo di sfide, cerco di dimostrare il mio valore nel massimo campionato che costituisce uno stimolo continuo, partita dopo partita». Non è il primo bolognese a vestire una casacca trevigiana, a dispetto delle acerrime rivalità che hanno infuocato i palasport da inizio anni ’90 in poi. E non è nemmeno il primo fortitudino dichiarato a diventare un beniamino dei tifosi del Palaverde. Prima di lui ci sono stati Iacopini e Pellacani, alfieri del primo scudetto e di due Coppe Italia, mentre alcuni dimenticano i quattro anni di Matteo Fantinelli che è stato comunque importante nel percorso di crescita di Tvb.
Percorso diverso da quello di Chillo: «La mia famiglia è di Castello di Serravalle, un paesino di 4mila abitanti nell’Appennino, 30 chilometri da Bologna. Tanti fortitudini ma il calcio domina tra i ragazzini, tant’è vero che avevo cominciato anch’io col pallone. Ruolo? Terzino, ma non mi piaceva. Attraverso un amico di famiglia sono approdato alle giovanili della Effe: mi svegliavo all’alba per andare al liceo scientifico a Bologna, poi restavo in città per gli allenamenti e tornavo a sera. Con gli altri ragazzi delle juniores andavo a vedere le partite ma non sono mai stato un ultras da curva. I miei idoli erano Bagaric, Watson, Lorbek e Smodis». L’ultimo anno delle giovanili è un po’ tribolato, la Fortitudo si è già scissa tra la fallimentare Eagles di Sacrati e la Biancoblu di Romagnoli.
Finita la trafila, a 19 anni Chillo si sposta di qualche chilometro lungo l’Adriatica, ad Imola. Ma il primo balzo di carriera è a Biella: «Esperienza straordinaria, quasi una scommessa per un club che era appena retrocesso. Con Eric Lombardi ed altri ragazzi vincemmo la Coppa di A2 e l’anno dopo disputammo addirittura l’Eurochallenge Fiba: pareva una follia, per una squadra di seconda categoria». Dal Piemonte Chillo si sposta in Lombardia, a Treviglio, dove incrocia una prima volta da avversario Treviso: «Sbagliai due liberi nel finale punto a punto di una gara di stagione regolare, poi Matteo Negri mise la bomba del sorpasso sulla sirena. Alla Blu Basket trovai un coach esigente come Vertemati che faceva crescere moltissimo i giovani». Segue una stagione tribolata a Rieti prima della chiamata della casa madre, la Fortitudo di Boniciolli. Ma a Bologna non va tutto come sperato, la squadra sbanda, cambia americani e allenatore ed a fine stagione rivoluziona il roster preferendo tenersi nel ruolo il reggiano Pini e sacrificando l’enfant du pays.
In quel momento arriva la chiamata di Menetti che vuole Chillo, apprezzandone le doti di lottatore e di elemento sempre attento ai dettagli. Scelta azzeccata, visto che la stagione si conclude con il salto in A e la seconda Coppa di Lega nella bacheca personale. Resta solo un cruccio, le prestazioni nelle gare dirette contro la Fortitudo. In quelle partite Chillo fatica, forse sente l’emozione. Fino alla serata di sabato scorso quando con 16 punti e 7 rimbalzi contribuisce ad una vittoria fondamentale. «Non so dire se fosse un blocco emotivo. Certo, avevamo tutti una gran voglia di giocare dopo essere rimasti a guardare per due weekend e dopo aver sprecato un paio di occasioni in precedenza. Con i problemi di falli di Mekowulu e Vildera, il coach ha pensato di ricorrere allo smallball schierandomi da pivot assieme a 4 piccoli, una soluzione speculare a quelle adottate da Sacchetti». Già, il ct della Nazionale: sulla graticola a Bologna, tra dieci giorni convocherà gli azzurri per una delle finestre Fiba. E se dopo Akele arrivasse in futuro una chiamata anche per un altro lungo di TvB? «Io in Nazionale ci andrei a piedi. Preferisco però restare concentrato sul presente, vedremo cosa accadrà in futuro». —
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