Alla Treviso marathon l’idraulico Chumba trionfa in solitaria

TREVISO. Questa è la Chumba di chi cambia. Parafrasando Adriano Celentano, il trionfo solitario di Gilbert Kipleting Chumba nella Treviso Marathon numero 15 è frutto anzitutto di un drastico cambiamento di vita. Da idraulico in un orfanotrofio del Kenya a podista full time. Una storia per romantici: la segnalazione di un’azienda agricola ai manager di “Purosangue”, progetto internazionale di running solidale; il cordone ombelicale con il Paese d’origine tuttora saldissimo, tanto che sugli altipiani continua a viverci, anche perchè allenarsi lì serve eccome, e con il premio-vittoria acquisterà una mucca: ha già deciso di battezzarla “Treviso”, omaggiando la città che ha ospitato il suo primo successo europeo (alla seconda recita lontano dall’Africa) e, nel contempo, potrebbe avergli spalancato le porte della gloria sportiva.
Chissà: viale Burchiellati ha lanciato forse un nuovo campione, di sicuro ha fatto capire a Chumba che vale la pena insistere e che il personale abbattuto ieri - oltre 4’, l’ha fatto balzare a 2h12’17” - potrebbe subire altri scossoni. Il 31enne keniano intendeva mettersi alle spalle la delusione della Venice Marathon dello scorso autunno (che però gli aveva propiziato un’altra mucca: “Venezia”): quarto in 2h16’47”, un crono inficiato da un clamoroso errore di percorso. Sapeva di poter valere ben altro tempo, aveva abbandonato le competizioni nel Continente nero (primo nella 42 km di Kigali 2017, in 2h19’49”) per alzare l’asticella.

A Treviso il progetto prende la direzione bramata dal piccolo keniota e preconizzata dagli addetti ai lavori. Primo fra tutti, l’ex maratoneta Migidio Bourifa, qui responsabile top runner: lo vedeva da 2h12’, ci ha visto benissimo. «Ma potrebbe scendere ancora», rimarca l’ex azzurro, anticipando le riflessioni post-gara di Chumba. «Sono molto contento, prossimo obiettivo le 2h10’», racconta il vincitore, concedendosi ai selfie, «Ho fatto un gran passo avanti, la dedica è solo per me stesso: so il lavoro che ho fatto per potermi godere questo momento». Era il grande favorito con l’altro keniano Raymond Chemungor Kemboi, non a caso secondo in 2h13’26”. Fanno corsa a due dal 28° km, poi il frangente decisivo alla centrale di Silea: Chumba allunga, sfruttando lo sterrato. Sa che mancano 6 km e può far leva sulla Restera, un finale scorrevole e veloce. Il coetaneo Chemungor, solo cinque mesi più vecchio, non risponde e in un amen il distacco si dilata. Quando sono ormai 100 metri, ti rendi conto che per l’eroe di giornata è fatta.
Un'attesa bellissima verso l’incoronazione. «Avevo già provato attorno al 30° km, ma mi restava alle calcagna», aggiunge Chumba, «Così ho preferito proseguire di comune accordo, fino all’attacco risolutore. Ho scelto quel tratto, perché sapevo che ormai il traguardo era vicino». La 42 km s’era già delineata al Sant’Artemio, con sei elementi a comandare: i due uomini di punta, le lepri Koech e Mwangi (molleranno al 21° e 28° km), il meno accreditato keniano Kisorio (out in sincronia con Mwangi) e l’italo-marocchino Yassine Kabbouri (primo a cedere, ma poi terzo in 2h20’01” con un buon recupero). Chemungor si trattiene all’antidoping ed è l’ultimo a raggiungere le premiazioni, ma non cova rimpianti: «Sono soddisfatto lo stesso, le gambe erano in croce». Yassine, azzurrabile dal 2019, risiede in Italia da 10 anni. Abita a Terni, fa il professionista. E da promessa del Marocco centrò l’oro sui 3000 siepi ai Mediterranei. «Mi sono staccato al 10° km, ho seguito il mio ritmo e al 38° mi sono ritrovato terzo», ricostruisce Kabbouri.
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