Zaia, il bimbo che sussurrava ai cavalli

Quando il futuro ministro scriveva nei temi: "Prima le pecore, poi le lezioni". E ancora: "Da grande mi piacerebbe fare il veterinario, il Dr. in economia e commercio o il perito meccanico". Il meccanico non l’ha più fatto e neppure il veterinario: Luca Zaia è diventato presidente della provincia di Treviso a 30 anni, poi ministro dell’Agricoltura
Il piccolo Luca Zaia
Il piccolo Luca Zaia
TREVISO. L’infanzia, la scuola, i giochi, gli amori: tutto quello che avreste voluto sapere su Luca prima che diventasse...Zaia, il fenomeno della politica veneta, l’aspirante governatore. In un racconto a puntate, ricco di aneddoti e notizie inedite, «la tribuna» svela il volto meno noto del politico leghista che in quindici anni ha bruciato le tappe fino a entrare nel governo. E che ora punta decisamente alla presidenza della Regione.


Scuola media di Godega, classe terza D, 1981. La prof di italiano Fazioli passeggia tra i banchi dell’aula al primo piano e detta il tema: «Le tue paure che possono condizionare la gioia della vita». I ragazzi piegano a metà la pagina del quadernetto a righe e fanno scorrere le penne. C’è chi scrive della paura del buio, chi di sbagliare il gol nella partita di domenica con la primavera del Godega. Il ricciolino del secondo banco a destra guarda avanti, molto più avanti. E scrive, con la sua calligrafia tonda e ordinata: «Ho paura di sbagliare nella scelta del domani. Se qualcuno mi porge questa domanda: cosa farai da grande? Io non so cosa risponderegli perché ho un mucchio di idee che mi frullano per la testa. Da grande mi piacerebbe fare il veterinario, il Dr. in economia e commercio o il perito meccanico. Vorrei cercare di fare una scelta giusta che non nuocia a nessuno. Se io da grande vado a fare il lavoro di mio padre, il meccanico, avrei il vantaggio di avere già un posto di lavoro. A me però piacciono anche i mestieri di cui ho parlato e avrei qualche ideuccia in proposito però non so come esporlo in famiglia perché mi dispiace rovinare tutto il lavoro e i sacrifici che hanno fatto mio padre e mia madre per me e per mia sorella».


Il meccanico non l’ha più fatto e neppure il veterinario: Luca Zaia è diventato presidente della provincia di Treviso a 30 anni, poi ministro dell’Agricoltura e a marzo, il giorno dopo il suo quarantaduesimo compleanno, verrà probabilmente incoronato governatore del Veneto. Una carriera politica straordinaria e rapidissima per l’ultimo ragazzo della via Gluck. Perché Bibano, il paese da cui è partito, era una via Gluck. Un minuscolo centro di campagna, all’epoca inspiegabile oasi rossa nel grande feudo bianco del Veneto, senza neppure un puntino a indicarlo sulla carta geografica. Nascere e crescere qui significava accettare i riti e i ritmi rassicuranti di una vita alla periferia dell’impero. Oppure mettersi in gioco e varcarne i confini.


Gli echi di questo mondo arrivano a Bibano una mattina del settembre ’75 a bordo di una sfrecciante A112 amaranto, portati da una bellissima maestra «di fuori», 20 anni appena, convinta che la cultura e il dialogo potessero cambiare la società. Maria Teresa Giusto cresce gli allievi della sezione «A» facendoli parlare, discutere e all’occorrenza polemizzare; e che importa poi se uno arriva col quaderno impiastricciato di banana o col colletto slacciato. «Luca aveva sempre il grembiulino azzurro aperto - ricorda oggi - Era seduto sui primi banchi e voleva intervenire in continuazione. Non studiava molto, ma aveva grande spirito critico e una straordinaria memoria che gli permettevano di cavarsela in ogni occasione. Ho sempre pensato che avrebbe sfondato».


In ricreazione si gioca e di litiga. «Si giocava “a figurine”, ma a Luca non piaceva granché, e si faceva la lotta: non era scandaloso come lo è oggi», dice Sandro, uno dei ragazzini della «A». Quando c’è da fare a botte Luca non si tira indietro. Una volta si accapiglia in aula con una compagna per i telefilm preferiti: lei è una fans di Happy Days e accusa lui - che invece non perde una puntata di Furia - di essere un bambino di destra perché il west è di destra. Anche questi sono gli anni ’70. La verità è che Luca adora i cavalli e ama tutti gli animali, soprattutto quelli «umili» della campagna. «Io apena venuto a casa mi levo il grembiule e dopo aver mangiato vado da dietro a vedere se la pecora ha da mangiare, poi guardo le quaglie. Dopo faccio le lezioni», scrive in un tema dell’aprile ’77 col Calimero in copertina. «Aveva una grande passione per gli animali: ha avuto conigli, lombrichi, otto cavalli e le pecore che gli ha preso suo padre. Anche un cane lupo: quando abbiamo dovuto regalarlo perché in casa non si poteva più tenere, ha pianto per giorni. A un certo punto voleva metter su anche un allevamento di lumache.


A quello però mi sono opposta», racconta la mamma Carmela. Lei e il marito Giuseppe, Bepo, vivono ancora nel villino anni ’60 dove Luca è nato e cresciuto e dove oggi telefona ogni giorno. Nulla è cambiato da allora, da quando i maschietti si trovavano il pomeriggio «dopo dotrina» (il catechismo) a giocare con uno sgangherato flipper. Identici i baffoni di Bepo, identico il calore con cui l’ospite viene accolto. Avere il figlio ministro è motivo di orgoglio, non di bòria: montarsi la testa non fa parte di questa famiglia e neppure della gente di qui. «Qual è il genitore che non è orgoglioso del proprio figlio?», dice Carmela quasi sottraendosi ai riflettori. E poi riassume la sua «ricetta»: «I miei figli - perché quando Carmela parla di Luca non dimentica mai la sorella Elisabetta - li ho sgridati poco e li ho ascoltati tanto. E li ho responsabilizzati». Fin da piccoli. Tanto che la suora dell’asilo parrocchiale, l’unico in paese, un giorno la fa chiamare: «Suo figlio è troppo maturo - le dice - Bisogna parlargli di cose da bambini». Ma all’epoca il confine tra le «cose da bambini» e «da adulti» non è ancora così netto e marcato.



Sono gli anni del terrorismo e della crisi: il tigì li fa entrare in tutte le case. E da lì nei temi dei ragazzi: «Nel mondo in cui viviamo ci sono diversi tipi di violenza: quella a carattere rivoluzionario che fra l’altro è uno dei più grossi problemi che l’Italia ha e quella di carattere governativo. Per prevenire qualsiasi tipo di violenza ma specialmente quella rivoluzionaria, si deve arrivare a istituire un’opera educativa fra le masse per far capire come la violenza abbia solo la funzione di danneggiare impianti urbani e di ferire i cittadini. Bisogna però dire (e mi pare molto importante) che la violenza non è solo quella che si esercita da parte dei cittadini con scioperi e cortei, ma anche quella (certo meno visibile, ma dannosissima) che proviene dall’autorità che governa, come quando non si curano di migliorare le condizioni economiche dei lavoratori». Il tema è di terza media: il primo scritto politico di Zaia.

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