Vizzari: «Quei prodotti non esistono»
Calaon (Coldiretti Veneto): «Errore, provengono da mille aziende doc»

Enzo Vizzari
FIRENZE.
«E' ora di finirla con questi prodotti definiti a "chilometri zero"». Enzo Vizzari, autentico guru del "mangia&bevi" made in Italy, ha scelto un palcoscenico e un'occasione importanti per esprimere il suo pensiero critico nei confronti di un progetto, quello di Coldiretti, che voleva diventare una filosofia di consumo.
Vizzari, direttore delle Guide de L'Espresso, ha scelto la presentazione dell'edizione 2012 della Guida vini e ristoranti, per bocciare questa nuova tendenza. L'ha definita addirittura una «mania». «Non esistono ristoranti che possono lavorare esclusivamente con prodotti a chilometri zero - ha spiegato Vizzari - semplicemente perchè questi prodotti non esistono. O esistono in quantità assai limitata. Se c'è un contadino che può portare le sue primizie al ristorante, certo, dà un valore aggiunto alla cucina del locale. Ma io sono dell'avviso che il ristoratore ha l'unico obbligo di rifornirsi di prodotti di qualità. A me non importa da dove questi vengano, mi basta solo che siano buoni e che con questi gli chef sappiano preparare dei piatti validi». Vizzari, di fronte ad una platea estremamente attenta, ha ricordato come questo momento di crisi abbia messo al bando parole d'ordine e mode come quella del «chilometro zero», dando ai ristoratori la libertà di esprimersi come meglio credono. Con l'unico intento di far da mangiare bene e in modo sano. «Possono utilizzare anche prodotti che vengono dall'altra parte del mondo - ha detto Vizzari - l'importante è che il fornitore sia serio e che il cibo sia gradevole al palato. Genuino e digeribile». «Né folclore né moda passeggera - replica Marco Calaon, presidente di Coldiretti Padova - Per la nostra associazione, che al "km 0" sta lavorando da anni impiegando risorse, uomini ed energie, non è uno slogan ma un progetto economico-culturale che sta dando i suoi frutti. A partire dal Veneto, che è fra le prime regioni in Italia con 50 locali che hanno aderito al circuito». Si tratta di trattorie, locande, pizzerie, Pro loco, ristoranti, bar, macellerie, gastronomie che hanno inserito nel menu o nel loro listino prodotti regionali dall'origine garantita. Sono un centinaio invece i mercati agricoli e quasi mille le aziende che vengono direttamente i prodotti. Senza contare l'impatto sul turismo con pacchetti dedicati al «km 0» e micro-vacanze fra arte ed eccellenze agroalimentari. «Il "km 0" è un percorso culturale ed economico - aggiunge Marco Calaon - Culturale perché contribuisce a diffondere un nuovo modello di consumo e di sviluppo. Pensiamo alla ritrovata consapevolezza sulla stagionalità dei prodotti, ma anche al legame con il territorio. Economico perché permette a migliaia di aziende agricole di accorciare la filiera e arrivare direttamente al consumatore. Anche per la ristorazione, compresa quella di alto livello, il "km 0" è un'opportunità e una grande occasione per riavvicinarsi al territorio. Non è un caso che nei locali in cui sono stati introdotti, i piatti a "km 0" riscuotono l'approvazione dei clienti e danno innegabili soddisfazioni anche agli chef. Il "km 0" è soprattutto un successo relazionale. Un'iniziativa che guarda alla socializzazione attraverso il commercio di prossimità, valorizzando la storia ed il lavoro agricolo come valore verso la collettività». «Non è un obbligo - conclude Calaon - ma un invito raccolto di buon grado dai ristoratori che l'hanno sperimentato e divulgato, facendone una strategia trasversale».
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