Troppi b&b a Venezia: chiuse mille strutture in un anno
I proprietari dei bed and breakfast: «Costretti ad abbassare i prezzi, speriamo nella Mostra del Cinema». Giacomin (Abbav): «Presenze giù del 20-30%. Colpa del racconto della città»

E alla fine è accaduto l’inevitabile, in un “dove” che già da tempo soffre il paradosso, per un luogo che si chiama città: i posti letto per turisti che superano il numero dei suoi abitanti. Nella cartolina Venezia, in questo palcoscenico a misura di vacanziere, in questo scenario in cartapesta, il sistema è imploso.
«Quasi un migliaio di strutture costrette a chiudere in un anno, meno 20 per cento di presenze a Venezia, meno 30 per cento a Mestre rispetto al 2024» elenca Ondina Giacomin, presidente di Abbav, l’associazione che riunisce i gestori di b&b, locazioni turistiche e guest house.
Quantificazione di un fenomeno al quale economisti e sociologi saprebbero certamente affibbiare un nome. Esplicitazione di un qualcosa che, tra le calli e il litorale, c’è chi nota da tempo. Ma che, in una città che è l’immagine del turismo; e in una porzione di città che della lotta al turismo – quello indifferenziato, quello “cafone” – ha fatto una bandiera, era uno spettro del quale non preoccuparsi.
Ma i prezzi sempre più alti, perché Venezia si vende a qualsiasi cifra; le camere ai limiti della decenza, comunque affittate a peso d’oro: tutto questo forse non funziona più, il sistema sembra essersi inceppato. La città che credeva di non avere un limite ha incontrato il tetto, ci ha sbattuto con violenza. E chi aveva trasformato la propria abitazione in bed & breakfast, approfittando di questo El Dorado delle vacanze, inizia a fare i conti con le stanze vuote.
Anche a Venezia, la città dal bacino turistico che si credeva inesauribile, gli appartamenti e le stanze in affitto sono troppi. Il rapporto tra domanda e offerta si è ribaltato. Gli alberghi ancora reggono – +1,5% di occupazione a giugno, +0,1% a luglio per le città d’arte venete, secondo Federalberghi – ma la continua trasformazione del patrimonio edilizio della città in strutture buone dalla mattina alla sera ha trovato il suo punto di saturazione.
«Siamo stati costretti a calare i prezzi, soprattutto nei giorni infrasettimanali, per essere più attrattivi». «Abbiamo abbassato, da tre a due, il numero minimo di notti consecutive per prenotare». «Attendiamo la Mostra del Cinema, come una manna dal cielo». Sono le voci sempre più frequenti. E c’è chi è arrivato a chiudere, o chi ci sta pensando.
«Mia figlia gestisce tre stanze a Tessera, a 900 metri dall’aeroporto. Ad aprile mi ha chiamato, chiedendomi se stesse sbagliando qualcosa, di fronte alle “zero prenotazioni”. Tutte e tre le stanze vuote, in contemporanea, mentre ne sta allestendo altrettante: non le era mai capitato» ammette la stessa Giacomin.
Di fronte a un 2024 dai numeri irripetibili, il 2025 non riesce a stargli dietro. Ma non regge nemmeno il confronto con il 2023. E passi che il biennio scorso ha subito l’impatto del ritorno alla vita, post Covid. Ma è tutto il “sistema Venezia” a essersi tarato su questo nuovo mondo: inserendo il ticket d’accesso, discutendo del numero chiuso, anche semplicemente aumentando il costo dei biglietti dei vaporetti. In un continuo rialzo, che adesso ha trovato un limite.
Chi di affittanze turistiche vive dà la colpa al racconto che viene fatto di Venezia: «Le fotografie di un ponte di Rialto inaccessibile, l’insistenza sul fenomeno dei borseggiatori. È comprensibile che i turisti ripieghino su Firenze e Roma».
Il 2025 a Venezia è iniziato a luci spente, proseguito sotto la cattiva stella di un Carnevale sottotono. Ad aprile, periodo della Pasqua e periodo di ponti, con la morte di Papa Francesco e il Giubileo, in tanti hanno preferito la Capitale. Poi la Biennale Architettura, che non è mai stata un grande traino. E le guerre, che da tempo allontanano da Venezia (e non solo, naturalmente), i facoltosi clienti russi, ma ora pure gli israeliani.
«Se in Italia il turismo quest’anno è cresciuto in media del 2,5%, e qui è calato del 20%, evidentemente a Venezia vengono preferite altre mete» ragiona Giacomin, «Ma il motivo non è certo l’eccesso di strutture – non sono queste a spingere l’overtourism – ma, al contrario, la mancanza di turisti». La città senza un limite sta chiedendo di tornare città.
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