Venditti: ogni sera un concerto diverso

L'intervista all'autore di "Buona domenica"
20071115 - ROMA - MUSICA : VENDITTI PRESENTA SUO NUOVO DISCO ''DALLA PELLE AL CUORE''. Il cantante Antonello Venditti posa per i fotografi oggi a Roma durante la presentantazione del suo nuovo Cd dal titolo''Dalla pelle al cuore''. ALESSANDRO DI MEO /ANSA /JI
20071115 - ROMA - MUSICA : VENDITTI PRESENTA SUO NUOVO DISCO ''DALLA PELLE AL CUORE''. Il cantante Antonello Venditti posa per i fotografi oggi a Roma durante la presentantazione del suo nuovo Cd dal titolo''Dalla pelle al cuore''. ALESSANDRO DI MEO /ANSA /JI
Ritrovarsi dopo 30 anni con la sensazione che il tempo non sia poi trascorso tanto. E’ con questo spirito che Antonello Venditti (in foto) attende il concerto che terrà a Conegliano sabato 22 novembre, primo evento della Zoppas Arena. «Mi ricordo molto bene il concerto che ho fatto a Conegliano, con voce e pianoforte, nel ’76, da allora non sono più tornato e mi dispiace. Con il Veneto ho un buon rapporto e credo che romani e veneti abbiano molte affinità, entrambi vogliamo goderci la vita. E il Veneto, assieme all’Emilia Romagna, sono terre che hanno sorriso ai cantautori».


Quella di Conegliano che serata sarà?

«Il concerto sarà incentrato sull’ultimo album Dalla Pelle al Cuore, però vive molto fuori dai dischi. Credo sia un concerto perfetto, con intensità e ritmo, va come un treno, ogni volta diverso. A Conegliano non so ancora cosa farò. Forse userò di più il pianoforte, che quest’anno ho usato solo a Verona.


In che senso il concerto vive fuori dai tuoi dischi?


«Ogni canzone è arrangiata in modo inedito, originale. Ad esempio, sto affinando una versione di Roma Capoccia che non si trova in nessuna incisione. E’ un concerto rock, perché mi piace la ritmica e mi piace variare. Posso farlo perché, soprattutto in questa tournée, suono con gli otto straordinari musicisti che mi seguono fin dagli esordi. Abbiamo esperienze molto diverse, che riusciamo ad amalgamare nel mio concerto. Anzi, si può dire che io sia la voce di una band»



L’unione di esperienze era anche la caratteristica del FolkStudio. E’ un momento ripetibile?

«E’ vero, quelli sono stati anni importanti nella vita di molti ragazzi. Il FolkStudio era un locale di Roma che permetteva di incontrarsi, ascoltarsi. Una culla per me o per Francesco De Gregori. E c’erano tutti i generi, andavamo ad ascoltare il jazz il martedì e la musica popolare italiana di mercoledì. Sarebbe auspicabile che si potesse ripetere un’esperienza simile. A Roma ci sono molti locali dove si può suonare. Ma sono settoriali, chiusi, mentre il Folk era il contrario. Forse oggi quelle esperienze si vivono andando in giro con la mente e il cuore aperti»


E’ cambiato il tuo modo di comporre?

«Sì e meno male. All’inizio c’ero solo io con il mio pianoforte, quindi le canzoni nascevano in solitudine e rischiavano di rimanere lì. Anche adesso l’istinto mi porta al piano, ma solo... per svegliarmi. Poi passo subito alle chitarre, quindi condivido le idee con la mia band. Per come scrivo io, il pianoforte è fuorviante, per così dire, si rischia di dire troppo. Preferisco creare la melodia e avere un’idea di quattro parole per il testo. Prima o poi queste idee arriveranno ad essere una storia completa. Non ho mai la percezione, quando scrivo, che i pezzi arriveranno alle persone, anche se sento quando raggiungo la qualità che voglio. In fondo un cantautore deve anticipare come si evolvono i tempi e i sentimenti.


A proposito di previsioni, la tua amata Roma fa le bizze.


«Imprevedibile. Adesso mi sto preparando per la partita di calcio di stasera (ieri, ndr) che seguirò con gli amici da casa. Più importante, però, è la vittoria di Obama negli USA. Sarà importante vedere se, nonostante il potere, rimarrà coerente. Io ci credo».

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