Tutti e quattro assolti i querelati di Gentilini

Assolti dall'accusa di diffamazione Mirra, Stampacchia, Zandigiacomo, Costanzo Boschieri, portati in tribunale da Gentilini per lo striscione "Il sonno della cittadinanza genere mostri"
TREVISO 20041029 PROCESSO ALLA PENSIONATA PAOLA RENATA MELLO, COLPEVOLE DI AVERE SCRITTO UNA POESIA L'ALPINO (NON GRADITA) SULL'ALLORA SINDACO DI TREVISO GIANCARLO GENTILINI. IN FOTO A DX ANNA MIRRA CON ALCUNI MANIFESTANTI CON STRISCIONI CONTRO GIANCARLO GENTILINI. (FOTOFILM/FotoFilm)
TREVISO 20041029 PROCESSO ALLA PENSIONATA PAOLA RENATA MELLO, COLPEVOLE DI AVERE SCRITTO UNA POESIA L'ALPINO (NON GRADITA) SULL'ALLORA SINDACO DI TREVISO GIANCARLO GENTILINI. IN FOTO A DX ANNA MIRRA CON ALCUNI MANIFESTANTI CON STRISCIONI CONTRO GIANCARLO GENTILINI. (FOTOFILM/FotoFilm)
Lo Sceriffo ha perso un’altra battaglia giudiziaria.

Il processo che vedeva Giancarlo Gentilini parte offesa per alcuni cartelli, a suo avviso diffamatori, esposti nel piazzale del tribunale dal Comitato Querelati durante l’udienza a carico della poetessa Paola Mello, si è chiuso con l’assoluzione di tutti e quattro gli imputati. Umberto Zandigiacomi è stato scagionato per non aver commesso il fatto; Anna Mirra, Sergio Costanzo e Marcello Stampacchia perché il fatto non costituisce reato.

 Il giudice Gaetano Cavallino, dopo mezz’ora di camera di consiglio, ha accolto in pieno le richieste del pm Antonio De Lorenzi. Il giudice Cavallino ha invece rigettato le richieste di risarcimento danni avanzate dalla difesa disponendo la compensazione delle spese.

Quella di ieri è stata la seconda sconfitta di Gentilini in aula: assolta era stata infatti anche la poetessa Mello, accusata dal vicesindaco di aver scritto versi offensivi nei suoi confronti. Soddisfazione ieri in aula tra gli imputati e i molti componenti del Comitato Querelati arrivati per sostenerli.

 Gentilini invece non c’era, come non c’è quasi mai stato durante tutto il processo; l’unica udienza a cui ha preso parte è stata quella dello scorso mese, quando è stato chiamato a deporre. C’era, naturalmente, il suo legale, l’avvocato Massimo Zampese. Che dopo la lettura della sentenza ha commentato: «Gentilini aveva già deciso di rimettere la querela.

 Questo processo, in realtà, è stato voluto soltanto dagli avvocati degli imputati che non hanno accettato la remissione».

Immediata la replica di Luigi Calesso, uno dei membri del Comitato: «Gentilini è responsabile non solo di aver avviato il processo, ma anche di essersi costituito parte civile con un avvocato pagato dal Comune. E’ vero che ha tentato di rimettere la querela, ma solo perché si è reso conto che l’accusa non era sostenibile».

 Tutto inizia tre anni fa, il 29 ottobre 2004, quando il Comitato Querelati organizza un sit-in sul piazzale del tribunale, durante un’udienza a carico di Paola Mello, e si presenta con alcuni cartelli in cui sono riportate frasi pronunciate e scritte da Gentilini contro cittadini (tra cui l’incriminata «le tue parole un misto di mare putrido e puzzolente condito con falsità»). Uno solo dei manifesti non cita espressioni dell’attuale vicesindaco, ma Cervantes e Goya: «Il sonno della ragione crea mostri». Gentilini si identifica nel «mostro» e querela. Il sostituto procuratore Antonio Miggiani, dopo alcuni mesi di indagini, manda a processo per diffamazione (con riferimento alle frasi del “mare putrido” e a quella del “sonno della ragione”) quattro persone presenti al sit-in: l’ambientalista ed ex consigliere comunale Anna Mirra, il presidente provinciale di Italia Nostra Umberto Zandigiacomi, il referente del Comitato Antismog Marcello Stampacchia e il leader del Comitato contro le antenne Sergio Costanzo.

 I quattro, difesi dagli avvocati Fabio Capraro, Maria Caburazzi, Gabriele Traina, Alberto Cecchella, hanno parlato. Stampacchia per precisare che quel giorno passava per caso nel piazzale del tribunale: ha visto i cartelli e si era fermato con i manifestanti. Costanzo e Stampacchia hanno spiegato quanto tale processo sia costato loro in termini economici e anche psicologici. Ma è stata Anna Mirra a fornire la chiave che ha aperto le porte all’assoluzione: «I mostri a cui il cartello faceva riferimento siamo noi, le persone querelate da Gentilini e non il vicesindaco che invece ha ritenuto di identificarsi. I cittadini hanno paura di esprimere critiche perché finiscono in tribunale: Gentilini usa la querela come strumento di intimidazione». A sostenere l’accusa, ieri, è arrivato un pm diverso da quello che ha istruito il processo.

Antonio De Lorenzi ha chiesto l’assoluzione degli imputati: «La frase di Goya è una manifestazione di pensiero - ha detto il magistrato - l’espressione “mostro” non identifica in alcun modo Gentilini. Quanto alle altre frasi contestate, quelle riportate nel cartello “Gentiliade”, si tratta di espressioni usate dallo stesso Gentilini in alcune lettere pubblicate dalla stampa».

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