Due lettere dalla mamma di Trentini a Maduro: «Liberate il mio Alberto»

Armanda Colusso scrive al presidente del Venezuela in occasione del Natale: «Mio figlio era lì per sostenere i bisognosi, nessuna connotazione politica nel suo lavoro»

Eugenio Pendolini
Alberto Trentini
Alberto Trentini

Per il secondo anno consecutivo, Alberto Trentini è stato costretto a passare il Natale lontano dalla sua famiglia. E non perché impegnato con una delle tante missioni umanitarie sparse per il mondo alle quali, fin da dopo l’università, ha dedicato anima e corpo. No, Trentini lo ha trascorso lontano dalla sua famiglia e dalla possibilità di scambiarsi gli auguri anche per pochi secondi via telefono perché detenuto, da oltre 400 giorni, in Venezuela, nel carcere di El Rodeo vicino Caracas.

Sequestrato senza formali accuse dal regime. Ed è proprio al presidente venezuelano Nicolas Maduro che la mamma di Alberto, Armanda Trentini, dalla sua casa al Lido di Venezia ha scritto almeno un paio di lettere per chiedere la liberazione di suo figlio.

Lo ha rivelato la stessa signora Armanda, intervistata dal sito Chora News: «Gli ho scritto due volte», racconta ancora Armanda, «e nelle mie lettere ho spiegato che Alberto era andato in Venezuela per aiutare il suo popolo, per sostenere i bisognosi, e che il suo lavoro non aveva nessuna connotazione politica. Ho poi aggiunto che Alberto è il nostro unico figlio, la nostra ragione di vita. E alla fine, da madre, l’ho supplicato di prendere in considerazione con benevolenza la mia richiesta di liberarlo».

Nella lunga intervista, Armanda Colusso ha raccontato il «calvario» vissutodalla sua famiglia in questi tredici mesi. «Siamo abituati alle sue assenze per motivi di lavoro, ma sempre con un contatto quotidiano. Ora c’è un senso di frustrazione e di angoscia però ci rimane un barlume di speranza che non possiamo spegnere», le sue parole al sito d’informazione. Speranza e supporto sono state espresse anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che un paio di settimane fa ha chiamato in prima persona la stessa signora Armanda. L’incessante scorrere dei giorni e l’apparente stallo sul fronte delle trattative diplomatiche non fanno che rendere la situazione sempre più complicata e dolorosa.

«So che Alberto è dimagrito molto, e temo per le sue condizioni di salute», dice ancora Armanda Colusso ai microfoni di Chora News, «Ogni giorno che passa aumenta il nostro timore che il peso psicologico e fisico di questa prigionia lo stia logorando», aggiunge. «Immagino che al mattino, quando inizia la giornata, penserà il suo Paese lo ha abbandonato e io temo che tutto questo silenzio e senso di abbandono possono aver logorato la sua mente e la sua anima».

Nel frattempo, dopo l’appello del Patriarca Moraglia, anche il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro proprio nel giorno di Natale ha voluto far sentire la vicinanza della città al cooperante umanitario veneziano di 46 anni: «Speriamo che quanto prima possa essere liberato e possa riabbracciare i propri genitori e i propri amici. Lavoreremo anche sotto traccia, assieme al Governo, proprio per arrivare a questa soluzione che, comunque, come tutti abbiamo capito, è molto complicata».

In parallelo, la mobilitazione per chiedere la liberazione di Trentini procede spedita e travalica, ancora una volta, i confini cittadini e regionali.

Il primo gennaio dalle ore 12 davanti al tempio di Minerva, il Comune di Assisi, presente il sindaco Valter Stoppini, la giunta, e l’associazione Articolo 21 con il coordinatore nazionale Beppe Giulietti, saluteranno il 2026 esponendo gli striscioni “Alberto Trentini libero”, il cooperante rinchiuso da oltre 400 giorni in un carcere venezuelano.

«Non casualmente lo stesso presidente Mattarella ha voluto esprimere la sua solidarietà alla famiglia», dice Beppe Giulietti, «la mamma di Alberto, Armanda Colusso, ha raccolto un appello a tutta la comunità nazionale per illuminare la tragedia del figlio e far sentire la solidarietà di cittadine e cittadini. Assisi, nel raccogliere questo appello, invita tutte e tutti ad essere il primo gennaio in piazza del Comune per reclamare la liberazione di Alberto affinché sia restituito alla sua famiglia».

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