Suicidio assistito: ecco l’iter che ha portato alla morte di Gloria, in Veneto
E’ il secondo caso in Italia, il primo in regione: le date della vicenda, dalla richiesta di poter ottenere il farmaco all’autorizzazione finale da parte dell’Azienda sanitaria
Il via libera definitivo da parte dell'Azienda sanitaria regionale e dal Comitato Etico alla verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio medicalmente assistito di «Gloria» era arrivato il 30 marzo scorso. Il 19 maggio la signora aveva ricevuto conferma sul farmaco e sulle modalità per la morte volontaria. Dopo circa 6 mesi dall'avvio dell'iter, infatti, si era conclusa la procedura di verifica delle condizioni e delle modalità per poter accedere alla tecnica.
«Gloria» aveva prima chiesto a Marco Cappato informazioni per andare in Svizzera e poi, una volta appreso che avrebbe potuto procedere in Italia, ha scelto di chiedere la verifica delle condizioni e di procedere con i suoi cari vicini a casa sua. Ha così preso contatti con Filomena Gallo, avvocata e Segretaria dell'associazione Luca Coscioni, che l'ha seguita anche nella fase di richieste e verifica insieme al team legale dell'Associazione Luca Coscioni.
Aveva poi iniziato la procedura, nel novembre 2022, con una richiesta all'azienda sanitaria competente di effettuare tutte le verifiche per accedere all'aiuto alla morte volontaria. L'azienda sanitaria, tramite i propri medici, aveva dunque attivato le verifiche necessarie e aveva riscontrato che possedeva tutti i requisiti previsti dalla sentenza 242/19 della Consulta.
A fine marzo 2023, l'azienda sanitaria aveva comunicato alla signora che, a seguito della relazione multidisciplinare prodotta dai medici dell'azienda sanitaria, anche il Comitato etico aveva rilevato la sussistenza dei requisiti previsti. Nell'aprile 2023, dopo una serie di interlocuzioni con i legali della donna, l'azienda sanitaria ha comunicato la tipologia di farmaco idoneo per poter procedere e le modalità di assunzione per poter procedere. Successivamente, dopo la richiesta di chiarimenti sulla fornitura del farmaco e della strumentazione, l'azienda aveva comunicato che avrebbe fornito la strumentazione necessaria all'autosomministrazione del farmaco letale.
Federico Carboni, un anno fa, è stato il primo italiano ad aver avuto accesso al suicidio medicalmente assisito in Italia, ma non volendo attendere altro tempo per chiedere anche l'assistenza dal Servizio Sanitario nazionale nella fase finale, aveva dovuto farsi carico dei costi del farmaco e del macchinario, acquistato poi grazie a una raccolta fondi aperta dall'Associazione Luca Coscioni.
Il 12 luglio, «Gloria» aveva fatto un appello alle istituzioni, al Presidente della regione Veneto affinché il rinnovo delle verifiche sulla sussistenza dei requisiti, prima della consegna del farmaco e di quanto è necessario, fossero effettuate quanto prima visto il peggioramento delle sue condizioni.
I medici dopo 5 giorni hanno verificato che la signora avesse ancora piena capacità di autodeterminarsi e autosomministrarsi il farmaco nonostante l'avanzare della malattia.
Veneto prima regione per firme per il pdl
Il Veneto è la prima Regione d'Italia ad aver raggiunto, e poi depositato, la soglia delle firme necessaria per poter portare la proposta di legge regionale sul suicidio assistito in Consiglio regionale. Sono infatti oltre 7.000 i cittadini veneti che hanno sottoscritto il testo di «Liberi Subito», la proposta di legge regionale elaborata dall'Associazione Luca Coscioni per regolamentare l'aiuto medico alla morte volontaria su cui si stanno raccogliendo le firme anche in Piemonte, Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia. Analoga proposta verrà depositata in Basilicata e Lazio attraverso l'iniziativa dei Comuni ed è già stata depositata da consiglieri regionali in Sardegna, Puglia e Marche.
Gli altri casi in Italia
Oltre Federico Carboni e «Gloria» - anche altri due italiani, Stefano Gheller e «Antonio» - hanno ottenuto il via libera dal Comitato Etico della regione di appartenenza (ultimo step prima del «semaforo verde») e sono dunque ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente modificare le proprie intenzioni iniziali.
Numerosi invece sono i connazionali ancora costretti a emigrare in Svizzera. Tra quelli assistiti da Marco Cappato e i «disobbedienti civili» iscritti a Soccorso Civile - sottolinea l'Associazione Luca Coscioni - figurano le storie degli italiani che non erano dipendenti da trattamenti classici intesi di sostegno vitali riconducibili ad una interpretazione restrittiva dell sentenza della Consulta (come Elena, Romano, Massimiliano e Paola). All'attenzione della magistratura la verifica dei fatti esposti per l'aiuto fornito a Elena, Romano, Massimiliano e Paola, da Marco Cappato, Chiara Lalli, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, assistiti dall'Avvocata Filomena Gallo e dal collegio legale dell'associazione Luca Coscioni. Si dovrà stabilire, come vogliono dimostrare i difensori, se la loro condizione era descrivibile come «dipendente da trattamenti di sostegno vitale».
Altri vorrebbero accedere alla morte volontaria assistita e sono in attesa della verifica delle condizioni, ma son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria, «Anna» in Friuli Venezia Giulia), costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute. Infine vi sono casi, riferisce l'Associazione, come quelli di Fabio Ridolfi e Giampaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco dell'alimentazione e dell'idratazione.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso