Sculacciata dal superiore, non è reato
Il giudice di Vicenza archivia la denuncia di un’impiegata: manate date con spirito goliardico e senza morbosità
VICENZA. Se fosse successo a Hollywood avrebbe scatenato un’ondata di indignazione, se fosse capitato in Francia ci avrebbero probabilmente scherzato su. E reazioni contrapposte è destinato a suscitare l’oggetto di una controversa decisione del giudice di Vicenza. Il quale ha ritenuto che una sculacciata in ufficio data “con spirito goliardico” dal datore di lavoro a una dipendente, non costituisce reato. Il caso è stato raccontato nell’edizione di ieri del Giornale di Vicenza: una sculacciata data in ufficio, davanti agli altri colleghi, ma con «spirito goliardico», «senza provocare lesioni» e soprattutto senza morbosità, non sconfina nella violazione penale. Questa la conclusione del gip del tribunale berico che ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dal pm Francesca Sorvillo. L’inchiesta per violenza sessuale (nell’ipotesi lieve delle molestie), era scattata a carico di un dirigente di 38 anni, Nicola Vegrini di Vicenza, a seguito della denuncia dell’impiegata Francesca B, 40 anni. La donna aveva raccontato di aver ricevuto in tre distinte occasioni, pacche sul sedere dal suo diretto superiore mentre passava tra le scrivanie. L’uomo che dirige l’ufficio amministrativo di una ditta commerciale, si era scusato con l’impiegata, sottolineando di non aver avuto alcuna intenzione di molestarla e spiegando che si trattava semmai di un gesto amichevole. Ma lei ha presentato denuncia per violenza sessuale, sostenendo di essersi sentita molestata come donna oltre che come lavoratrice. La Procura ha raccolto le testimonianze dei colleghi della vittima, i quali hanno scagionato il superiore, derubricando a gesto goliardico, seppur eccessivo, le sculacciate. Che, peraltro, erano distribuite dal dirigente un po’ a tutti i componenti dell’ufficio. Un comportamento abituale, insomma, certamente maleducato ma non tale da configurare reato, almeno secondo il pm che ha chiesto l’archiviazione accolta dal giudice. Secondo il gup, pur trattandosi di un gesto «generalmente censurabile», in questo caso non avrebbe presentato profili di reato sostenibili in giudizio.
Nell’esposto l’impiegata aveva accusato il suo superiore anche di ingiurie, per il modo brusco con cui veniva invitata a svolgere le sue mansioni; ma anche qui l’accusa è caduta nel nulla, data la depenalizzazione del reato, perseguibile solo per via civile.
Sabrina Tomè
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