«Quel giorno non ha insegnato nulla città sacrificata al turismo di massa»

L’IntervistaAl ricordo del concerto – disastro dei Pink Floyd del 1989 è legata anche una delle canzoni più ascoltate dei Pitura Freska: “Pin Floi”. Il brano, che uscì prima con la cassetta “Ossigeno”...

L’Intervista

Al ricordo del concerto – disastro dei Pink Floyd del 1989 è legata anche una delle canzoni più ascoltate dei Pitura Freska: “Pin Floi”. Il brano, che uscì prima con la cassetta “Ossigeno” del 1989 e poi con il cd “’Na bruta banda”, è ancora uno dei più amati della reggae band veneziana. Sir Oliver Skardy alias Gaetano Scardicchio racconta volentieri come è nato quel pezzo. «All’inizio non avevo neanche pensato di fare una canzone sul quel disastro che accadde a Venezia, per quel concerto».

Dopodiché perché ha cambiato idea?

«Volevo raccontare quello che avevo visto. E avevo scritto un articolo. Ho chiesto ai giornali locali di pubblicarlo ma non ne hanno voluto sapere. Allora mi sono detto: sai che cosa faccio? Scriverò una canzone e vediamo che cosa succede. È il bello è che alla fine è diventato uno dei brani più famosi della storia dei Pitura Freska».

La gente lo canticchiava per strada...

«È un brano molto semplice, perché è la cronaca di come ho vissuto quella giornata. In quei giorni con i Pitura eravamo stati a Milano per una data. Quindi, racconta del ritorno a Venezia per i Pink Floyd che poi non siamo riusciti a vedere perché a causa dei ritardi dei treni siamo arrivati quando ormai la città era completamente bloccata e non si poteva superare il Ponte dell’Accademia. Quello che ho raccontato nella canzone è tutto vero».

Si tratta di una canzone scritta con l’inconfondibile ironia di Scardicchio e la sua capacità di affrontare con apparente leggerezza anche i temi più pesanti.

«La gestione di quell’avvenimento è stata malsana perché non hanno pensato assolutamente ai problemi dei servizi igienici con tutta quella gente. Al giorno d’oggi, dovunque ci sia un evento ci sono i bagni chimici ma quella volta non c’era nulla. C’erano centinaia di miglia di persone che hanno fatto i loro bisogni nei canali. Quella volta c’è stato quel problema, i problemi di oggi sono diversi, la città è succube di un turismo di massa invasivo perché dove c’è profitto tutto si piega all’esigenza del guadagno».
Cosa ha insegnato quel concerto?

«Avrebbe potuto essere un’occasione di rilancio per Venezia, se gestito in modo diverso. Il problema è che i politici guardano solo ai loro interessi e non al bene della società e della città e con il tempo le cose non sono migliorate. La politica è a questo: a livello nazionale serve a far fare soldi agli amici e a livello locale serve a proteggere i denari degli amici. È una situazione disastrosa. Il problema poi è che i cittadini continuano a votare questi personaggi che li maltrattano».

Come fu maltrattata Venezia in quel luglio 1989...

«Ovviamente, con la canzone ce la siamo presi con la gestione della città non con i Pink Floyd che sono stati anch’essi penalizzati da quel disastro». —

M.B.

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