Procreazione fino a 50 anni, è bufera Dopo i 43 anni successi trascurabili

Nuovi limiti per le tecniche di fecondazione medicalmente assistita
VENEZIA.
E' bufera sulla decisione della Regione di garantire l'accesso alla fecondazione assistita alle donne fino a 50 anni. Invita a fare attenzione a non cadere nella «medicina dei desideri» il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici: «L'importante - sostiene Amedeo Bianco - è che non si sottraggano risorse a interventi di comprovata efficacia, come nel caso di donne più giovani». Ma è proprio questo il problema, secondo Elenora Porcu, responsabile del Centro di infertilità e Procreazione medicalmente assistita di Bologna: «A quell'età è praticamente impossibile che ci siano probabilità di ottenere una gravidanza. Anche in quel caso, bisogna considerate che gli ovociti hanno la stessa età delle donne, quindi hanno alterazioni dei geni che non consentirebbero lo sviluppo a termine della gestazione. Senza contare che i farmaci, a 50 anni, sono a pagamento, ogni fiala costa circa 100 euro e che la disomogeneità della legislazione contribuisce ad alimentare il turismo procreativo». Disappunto nella Federazione italiana delle società scientifiche della riproduzione: «Il Veneto assume una decisione, anche contro il parere dei propri tecnici, che può essere spiegata solo da una assoluta ignoranza della materia o da un atteggiamento demagogico. Nessun esperto ignora, infatti, che le gravidanze «miracolose» in età avanzatissima sono ottenibili soltanto con la tecnica della donazione di ovociti o embrioni». Sopra i 43 anni, sostengono gli esperti, c'è una possibilità di concepire dell'1-2% cui si aggiunge un alto rischio di interruzione spontanea della gravidanza. Sopra i 45 anni, la possibilità di avere un bambino riguarda una donna su 167, con un costo che oscilla tra i 6 e i 700.000 euro. Contrariata anche la Chiesa. Chiarisce l'assessore Coletto: «Abbiamo ritenuto di dare un segno di civiltà. L'importante è che non si perda di vista lo spirito con il quale abbiamo deliberato». Ma Claudio Sinigaglia (Pd) e Diego Bottacin (Gruppo misto) chiedono il ritiro della delibera, corretta in corsa in Giunta e pertanto «incoerente» dal punto di vista medico-scientifico: «Il provvedimento vuole coprire le gestioni fallimentari di alcuni centri pubblici i cui dissesti finanziari gravano sul sistema regionale» sostengono. Contrario alle mamme-nonne Antonino Pipitone (Idv): «E' una forzatura, sarebbe stato più logico destinare le risorse all'età fertile». Plaudono invece alla decisione il sottosegretario alla Salute Francesca Martini che parla di «scelta di civiltà attenta alle aspettative di molte donne» e l'avvocato Filomena Gallo, presidente di Amica Cicogna: «Mi auguro che altre regioni seguano il Veneto». (s.z.)
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