Manifesto Treviso città aperta: hanno aderito in 4.200

Grande successo per l'iniziativa contro l'intolleranza
A un mese esatto dall’appuntamento elettorale, si è chiusa ieri sera la raccolta di firme del manifesto per «Treviso Città Aperta». Il documento, lanciato per «distinuere» l’immagine della città e della cittadinanza da quella, intollerante e razzista propagandata, a suon di esternazioni dai balconi di Palazzo Ca’ Sugana, da alcuni rappresentanti della sua amministrazione, era sottoscrivibile solamente via web. Ma ha mietuto, nonostante il limite tecnologico (ancora una parte minoritaria della Marca è in possesso di un computer), quasi 4200 firme.


Al di là delle firme, va sottolineato il fatto che, in modo trasversale agli schieramenti politici, è emersa una Treviso “altra”, che si ribella all’immagine di città in cui «si vestono gli extracomunitari da leprotti per far esercitare i cacciatori”, si preparano “carri piombati per rispedire a casa gli immigrati”, si lanciano operazioni di “pulizia etnica contro i culattoni”. Una Treviso tollerante, che s’interroga invece di lanciare crociate. Analizzando le componenti emerse dalle firme, tra l’altro, emergono alcuni dati importanti. Hanno sottoscritto l’appello degli intellettuali, che in un primo momento avevano lanciato l’iniziativa, 641 impiegati, 610 studenti, ma anche ben 532 insegnanti. Numerosi (440) anche i pensionati, nonostante in fatto che, tra di loro, l’uso del computer sia meno diffuso. Cifre equivalenti (127) anche per operai e casalinghe. Molti (116) i liberi professionisti, cui vanno aggiunte le categorie specifiche degli architetti (82) e degli avvocati (38). 91 gli artisti, “solo” 35 (ma in questo campo gli ordini di scuderia hanno pesato) i giornalisti, 25 i sacerdoti e parroci. Nella voce “altro”, poi, sono comprese voci di ogni genere, dai commissari di polizia ai tecnici informatici. E quest’ultima cifra è davvero importante: 1098 persone, di entrambi i sessi e di tutte le età. Treviso, che già aveva accolto il reading degli scrittori sullo stesso tema, mostra così l’altra faccia, meno reclamizzata, della sua cittadinanza.

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