Il presidente uscente dei magistrati veneti: «Riforma Nordio inutile, mina la nostra indipendenza»
Hans Roderich Blattner è giunto a fine mandato dopo 4 anni: «Questo il periodo più duro. Andremo nelle scuole a parlare con i giovani per far capire loro che non siamo come ci dipinge qualcuno»

Dopo quattro anni da presidente della Giunta sezionale veneta dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) Hans Roderich Blattner, magistrato della Procura di Vicenza, si appresta a cedere il testimone. A
giorni la Giunta esecutiva centrale nominerà il suo successore. Non è stato un mandato facile quello di Blattner: è iniziato con la pandemia, si conclude con lo scontro acceso tra magistratura e governo.
Presidente, come giudica l’operato del ministro Carlo Nordio?
«Qualche luce accesa ma tanti punti di domanda. Una risposta sul fronte dell’assunzione dei magistrati l’ha data. Credo sia il ministro che ha indetto più concorsi negli ultimi anni. La riforma sulla separazione delle carriere, però, ci trova fortemente contrari. Non ci piace né il metodo né il merito».
Può spiegare la sua posizione?
«Innanzitutto ci tengo a dire che non siamo stati coinvolti in alcun modo. Detto questo, è una riforma inutile che non sposta nulla in termini di qualità della giustizia. Sono molte più le incognite che i vantaggi».
L’atteggiamento del governo Meloni nei vostri confronti è frutto del momento di tensione o c’è qualcosa di più profondo?
«Sicuramente un problema nei rapporti tra magistratura e governo c’è. Non ci piace l’idea che hanno della giustizia».
Un po’ vaga come accusa.
«La riforma rischia di minare il principio di indipendenza della magistratura. In qualche frangente, come per i migranti mandati in Albania, vediamo come questo governo abbia la tendenza a dire un po’ troppo la sua sul fronte della giustizia. Dicono che la separazione delle carriere non porterà alcun tipo di problema rispetto alla nostra indipendenza, ma certe pulsioni ci fanno pensare il contrario».
Qual è stato il momento più duro in questi 4 anni?
«La riforma Cartabia non è stata una passeggiata ma la situazione più complicata è sicuramente adesso. Chiediamo di essere ascoltati, il tema è talmente delicato che non si può ragionare solo con un’ottica di tifoseria politica».
Qual è la sua opinione sulla polemica scoppiata dopo l’invio dell’avviso di garanzia a Giorgia Meloni, da parte del procuratore di Roma Francesco Lo Voi?
«Penso sia una polemica surreale. Non entro nel merito, non dico se sia giusto iscrivere o non iscrivere un indagato a fronte di quel tipo di denuncia. Certo, di fronte a una simile aggressione da parte del potere esecutivo mi riesce difficile crederci quando negano le ingerenze».
Ma dal punto di vista tecnico cosa pensa di quell’iscrizione?
«Quello non è un avviso di garanzia, dal punto di vista tecnico è un avviso di avvenuta iscrizione. È evidente che non porterà a nulla. A fronte di un atto minimale, c’è stato un attacco sproporzionato».
Qual è lo stato di salute della giustizia in Veneto?
«Non posso che prendere atto di quanto detto dal presidente della Corte d’Appello e dall’Ordine degli avvocati: la situazione è ancora inadeguata dal punto di vista degli organici, per magistrati e amministrativi: siamo al 40% di scopertura media».
C’è qualcuno messo peggio di altri?
«La carenza di personale si riverbera i tutti i settori e la svolta informatica imposta da Roma sta creando grandi disagi. Vicenza soffre più di altre procure. Ovviamente grandi strutture assorbono più facilmente le carenze di personale, rispetto a piccole realtà».
A proposito, cosa pensate del tribunale della Pedemontana?
«Siamo totalmente contrari: parcellizzare l’offerta della giustizia nel 2025 è anacronistico. Casomai ha senso accorpare. Risorse nuove da garantire a quel tribunale non ce ne sono».
Ma le categorie economiche del Bassanese lo chiedono.
«Invece i professionisti che ci devono lavorare, magistrati e avvocati, dicono che non ha senso. Basta vedere l’esperienza delle indagini antimafia: quando tutto era parcellizzato in piccole procure il contrasto alla mafia era molto più complicato. Quando Falcone ebbe l’intuizione di gestire le indagini a livello regionale, tutto è cambiò».
Quale obiettivo dovrebbe porsi, secondo lei, il suo successore?
«Avvicinarci di più alla gente, con incontri nelle scuole. È l’unico modo per far capire che non siamo quelli che vengono dipinti in modo distorto da una certa narrazione».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso