«Lia Sartori ispirava le nomine a Galan»

Direttori generali, il tribunale dà ragione a Raffaele Grazia. L'eurodeputata voleva 100.000 euro
Raffaele Grazia, consigliere regionale Udc
Raffaele Grazia, consigliere regionale Udc
 
VENEZIA.
Voleva 100.000 euro di danni, o anche di più se il tribunale avesse ritenuto. Oddìo, anche di meno, se la richiesta fosse sembrata eccessiva. Ma con gli interessi e la sentenza pubblicata «a caratteri tripli rispetto al normale su tre quotidiani, di cui uno a tiratura nazionale». Invece siamo qui a riferire con caratteri normali del pagamento di 9.000 euro di spese.
 Pensava di vincere facile Lia Sartori, eurodeputata del Pdl per la seconda legislatura, già presidente del Consiglio regionale per Forza Italia e prima ancora assessore regionale socialista per due legislature. Insomma una vita trascorsa in politica, una presenza costante a fianco di Giancarlo Galan nelle decisioni più importanti prese alla guida del Veneto negli ultimi 15 anni, un ruolo di prima donna che nessuno oserebbe mettere in dubbio.  Tranne lei. Incredibile. Il 15 febbraio 2008 Lia Sartori ha fatto causa a Raffaele Grazia, consigliere regionale ex Forza Italia oggi Udc, che denunciava con particolare vigore in due interviste diverse il «peso» della Sartori nella scelta dei direttori generali delle Usl. «Giancarlo Galan non gode di alcuna autonomia - è uno dei passi contestati -. I nomi sono stati imposti anche a lui, che poi si è limitato a sottoscriverli. E' Lia Sartori che sceglie i direttori generali, ma anche i primari, stabilisce dove si fanno gli ospedali e poi li progetta o li fa progettare dallo studio Altieri. E tutti tacciono. Poveri veneti».  Parole inquietanti, a rigor di logica e a parte i veneti, più per Giancarlo Galan che per Lia Sartori. E' invece l'eurodeputata a reagire. I suoi avvocati, Pierantonio Zanettin e Alessandro Moscatelli, sono convinti della diffamazione ma puntano sul foro civile, non su quello penale. Escludono anche i giornalisti autori delle interviste (la categoria ringrazia) e pretendono il massimo da Raffaele Grazia, inchiodandolo alle sue responsabilità.  Peccato che nessuna responsabilità esista. Nulla è dovuto perché nessun danno è stato provocato. E' l'eurodeputata a dover pagare 3.000 euro di diritti e 6.000 di onorari. Lo stabilisce la sentenza depositata ieri nel tribunale civile di Bassano. Giudice Margherita Brunello. Grazia era difeso dall'avvocato Paolo Tagliapietra.  I legali della Sartori sostenevano che le dichiarazioni di Grazia facevano pensare «a Galan come ad un pupazzo manovrato dalla Sartori che svolgerebbe nei suoi confronti pressioni illecite e illimitate»; che la Sartori «opera politicamente per avere un guadagno personale in denaro, sprezzante delle procedure e delle istituzioni»; e che «l'onorevole sia una donna corrotta intenta a trarre vantaggi fraudolenti dalla gestione della cosa pubblica».  I «vantaggi fraudolenti» andavano visti secondo gli avvocati della Sartori nel nesso diretto stabilito da Grazia tra l'eurodeputata e lo studio Altieri (il titolare Vittorio Altieri era suo compagno). Ma Grazia non parla di quote societarie - ribalta invece la sentenza - si limita a denunciare un conflitto di interessi. Non adombra illegittimità nella nomina dei direttori generali, parla solo di «uomini fedeli a Galan e alla Sartori», il che indica «rapporto di subalternità» e non «attacco alla persona». Soprattutto non parla di «Galan come un pupazzo manovrato dalla Sartori» ma «esprime un giudizio politico, critico e negativo, nei limiti della continenza verbale, esercitando il diritto al dissenso su un tema di rilevanza pubblica».

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