L'assessore Elena Donazzan a caccia di fantasmi sui monti vicentini
A Laghi per incontrare il suo unico elettore (su 131). Ma i cittadini apprezzano e le raccontano i loro tanti problemi

L’assessore Elena Donazzan
LAGHI (Vicenza).
«Io, io», alza la mano una signora, e potrebbe anche essere lei, magari fosse lei e che successo sarebbe questa pesca miracolosa, impossibile e tragicamente fuoritempo: andare a svelare l'identità dell'unico elettore, anzi pretendere che sia lui denunciarsi, il solo e l'unico ad averla votata in un paesino di 131 abitanti, sperso sulle montagne ai confini col Trentino, il solitario che ha dato la preferenza all'assessore Elena Donazzan nelle elezioni regionali del 2009. «Io, io - dice la signora - io sono del '41, se è lei la zia che dice, io ho avuto una maestra di nome Margherita Donazzan, una signorina così perbene, piccola e minuta. Dopo la scuola l'accompagnavamo a prendere la corriera, io e un'amica».
Acchiappare le farfalle dei voti è più difficile che trovare l'amore su Internet, si incappa in rapporti parentali, emergono antichità generazionali, ma il voto di preferenza, l'atto più intimo e svogliato che un elettore possa dedicare al suo candidato, non si trova.
La ricerca era stata impostata bene. «L'assessore regionale all'Istruzione alla Formazione e al Lavoro del Veneto, Elena Donazzan, sarà a Laghi, in via Piazza 1 davanti alla chiesa parrocchiale dalle ore 18,30 alle ore 20,30 per incontrare il suo elettore». Affisso nell'albo comunale, nei bar (ce n'è uno solo), nell'edicola pretoria con uguale importanza riservata al calendario venatorio (si spara alle femmine di camoscio dal giorno x al giorno y e ai maschi da y a z), l'avviso ha incuriosito molto. I 131 abitanti di Laghi, paese di pochi ma solidi montanari abituati alla modernità e quindi generosi di buonsenso e ironia, si sono attrezzati anche a questo. Erano una quarantina dietro alla chiesa di San Barnaba, ad aspettarla senza trepidazione e con molta souplesse. Il sindaco Ferrulio Lorenzato, la signora Ines Sartori (quella che ha conosciuto la zia Margherita), il casolin, il barista (i locali sono adiacenti, e il tabaccaro (sono la stessa persona).
L'elettore non si è trovato. Elena Donazzan, preparata a questa evenienza, ha minimizzato: «Di sapere chi è non mi interessa veramente, io li vorrei conoscere tutti i 12 mila che mi hanno votato, ma come si fa? Comunque ci sto provando». S'aiuta con pane e salame. Sul tavolo, sotto una tettoia agreste dotata di sedie, tira fuori quattro bottiglie di prosecco.
Uno dice: il mondo va in malora, di ferie non si parla e questa va in cerca del suo elettore a Laghi? A parte il fatto che potrebbe essere morto (dal 2009 sono mancate tre persone a Laghi, riducendo ulteriormente il corpo elettorale), ma anche se non fosse, cosa impediva a quattro pirandelliani buontemponi di alzare la mano insieme e dire, sono io il suo elettore?
Elena è una tenerona di scorza furba, un'ardita che scriverebbe lettere dal fronte (capitano non voglio pane ma pallottole per il mio fucil), ieri il fucile gli ha fatto cilecca. Gli appuntamenti al buio sono pericolosi non perché lui è brutto e calvo ma perché ti ha visto dal bar e ha deciso di non farsi vedere. Furba Elena, ma ingenua: ha creduto che l'elettore sia un innamorato fedele, mentre è un amante scostante a cui piace farsi desiderare, e fa bene.
Glielo spiega un cittadino: «Fossi io l'elettore che le ha dato la prefenza, non glielo direi». Perché? «Perché il politico va tenuta magro di fiducia, sempre sull'orlo di perderla, affamato di lusinghe, come un cane di caccia lavora meglio».
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