L’Angelo dei grammofoni

La straordinaria collezione del telegrafista Sernagiotto
TREVISO.
Alla fine lo hanno fatto cavaliere della Repubblica. Per meriti musicali, direbbe qualcuno che ama la precisione. Ma non si tratta di Morandi o Celentano. Si tratta di un ex telegrafista dell’amministrazione postale, nato ottant’anni fa in una famiglia numerosa e, fortunatamente, non bisognosa. Alla fine lo hanno fatto cavaliere: la croce gli dovrebbe essere conferita da Napolitano in tempi brevi. Ma quella croce non è nulla a confronto con il primo Edison, il Tim Foll, datato 1877, che ci mostra accarezzandolo come fosse un bimbo. E’ la sua «numero uno», ma anche il pezzo più raro. «Quanti ne esistono? Al mondo, di funzionanti, sei. Forse». Angelo Sernagiotto è il più grande collezionista italiano (e non solo), di grammofoni e fonografi. Anche se lui si schermisce precisando: «diciamo uno dei due più importanti, non possiamo dimenticarci di Contini di Milano». Ha anche proposto a Ca’ Sugana di ereditare la sua collezione, a patto di darle collocazione.


Un capitale per la nostra città, no?
«Tutti gli assessori mi hanno detto: verrò a vedere. Mai venuti. E l’ultimo mi ha addirittura chiesto di inoltrare regolare domanda. Per lasciare la collezione a Ca’ Sugana avrei dovuto per caso pagare? Incredibile. Per fortuna ho iniziato a parlarne con la Provincia: a S. Artemio ci sarà spazio?».


Quanti pezzi pregiati e un valore di quanti euro?
«I pezzi, intesi come grammofoni e fonografi di tutte le taglie, sono 270. Ma se poi calcoliamo anche dischi d’epoca, dal diametro di mezzo metro a quello di pochi centimetri per i grammofoni dei bimbi, senza contare altri apparecchi, rulli, puntine, trombe acustiche... il conto non lo so fare».


Il valore, non ce lo vuol dire?
«E’ difficile calcolare il valore, perchè di mezzo ci sono pezzi unici di cui il prezzo puoi farlo solo tu, se li possiedi. Senza contare tutto ciò che io ho personalmente recuperato a fatica, rubando ore della notte, occhi incollati su viti e fili. Diciamo che all’incirca il valore di tutta la collezione può aggirarsi sul milione e mezzo di euro, se venduta in blocco».


Tradotto: molto di più se venduta al dettaglio. Ma sua moglie che ne pensa?
«Mia moglie si è rassegnata. A un certo punto, quando la sua serra delle piante è stata occupata, con grave danno per i vegetali, dagli ennesimi grammofoni, ha deposto le armi. Non abbiamo figli. Diciamo che, almeno per me, i figli sono questi bellissimi 270 pezzi di storia, d’arte e di antiquariato».


Che però lei considera tutt’altro che pezzi da museo...
«Per carità: tutti devono funzionare. Sennò che gusto c’è? La collezione dev’essere in grado di vivere. E’ diverso avere una collezione di quadri o possedere soltanto le loro fotografie. Guardi, guardi questo Studio Edison in 4 apparecchi, perfettamente funzionante: il rullo registra la sua voce su un cilindro di cera, questo viene passato alla “segretaria” che lo trascrive sulla Oliver (lo vede? numero di matricola 9), poi c’è anche l’apparecchio per la rettifica del rullo: si può usare solo tre volte. Quando ne trovo in giro, li compro subito...».


Ma per mettere insieme tutto questo ci vogliono tanti soldi.
«Io dico che mi sono mangiato un paio di palazzi, ma in realtà li ho sempre comprati e venduti, puntando sempre più verso il meglio. E’ stato un mestiere parallelo: entravo alle Poste alle 6 del mattino e uscivo alle 12,30 a fine turno. Sulla porta c’era già l’auto e correvo in giro per l’Italia per comprare e vendere fonografi e grammofoni. Genova, Bologna, Milano, Roma... E Francia, Canada, Spagna... Milioni di chilometri, credo. Ne avevo notizia dal telegrafo, dal giro di telefonate tra appassionati, dalle mostre, dai mercatini e dagli amici».


Il pezzo più sfizioso?
«Quel Victor con le colonnine dorate e la tromba in legni diversi: è andato in tutte le mostre del mondo. La prima? La feci nel 1979 a Santa Caterina. Ma i pezzi con una storia sono decine e decine, c’è davvero di tutto. Senta, senta questo austriaco, dal suono così profondo e ricco da far tremare i cd di oggi. E senta, senta questo disco 78 giri di Lugo, il marito della Toti Dal Monte, sul grammofono olandese intarsiato...». Si diffonde la voce stentorea: «Vento, vento, portami via con teeee... Raggiungeremo insieme il firmameeento...». Se la gode, Angelo.


Ha anche pezzi coronati, appartenuti a regnanti?
«E come no? Questo Columbia era della regina d’Inghilterra, viene da una combattuta asta di Christie’s. Guardi, guardi questa tromba di cristallo lavorato per il grammofono Pathè: cose dell’altro mondo. E guardi questo, con la doppia tromba: una sta ferma e una gira insieme al braccio della puntina. Era dei Savoia, fatto da un artigiano della Real Casa, lo vogliono tutti ma non lo cedo. E più grande, viene da una contessa spagnola....».


Ce ne saranno anche di più popolari e prosaici...
«Come no? Questo, bellissimo, viene da un bordello. Bisognava metterci la moneta. Finchè uno aspettava che si liberasse la sua preferita, ascoltava un po’ di musica. Ma altri di questi gioielli erano “a pagamento”, i nonni dei juke box. Legga, legga qui: “introdurre dieci centesimi”. Erano negli atrii degli alberghi. Guardi qui, anche il distributore di monetine ho trovato. E inoltre guardi questo, monumentale: diffondeva musica per tutto il teatro La Scala di Milano, era un grammofono per concerto. Aveva dischi larghi mezzo metro che diffondevano la base musicale su cui cantavano i tenori e i soprani: un’orchestra costava molto e non sempre chi organizzava lo spettacolo poteva permettersela...».

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso