Infracom, il Cda revoca le deleghe all'a.d. Lippi Svalutazioni, soci tesi

PROTAGONISTI Attilio Schneck presidente di Serenissima e Infracom nonché della Provincia di Vicenza A sinistra la sede della società delle tlc controllata dalla Brescia Padova Qui sotto Rino Mario Gambari e Roberto Reboni
PROTAGONISTI Attilio Schneck presidente di Serenissima e Infracom nonché della Provincia di Vicenza A sinistra la sede della società delle tlc controllata dalla Brescia Padova Qui sotto Rino Mario Gambari e Roberto Reboni
 VERONA.
Chi meglio di un manager che ben conosce il settore? Nel settembre del 2009 il consiglio di amministrazione di Infracom rispose a questa domanda cooptando in Cda Massimo Lippi e nominandolo amministratore delegato. Il periodo, per la società delle telecomunicazioni controllata da Autostrada Brescia-Padova, non era dei più felici. Il presidente Rino Mario Gambari aveva rassegnato le dimissioni e l'a.d. Roberto Reboni stava per licenziare un bilancio che segnava qualche ripresa ma scontava sempre una perdita di 13,5 milioni. L'anno precedente il rosso era stato di 35,9 milioni nel 2007 di 2,3 milioni. Chi meglio di un manager, si diceva, in arrivo dalla società del gruppo Sias (Gavio) specializzata nell'erogazione di servizi alla mobilità autostradale, per mettere ordine a una situazione diventata poco sostenibile? Trascorso poco più di un anno e quattro mesi, il Cda di Infracom - a inizio febbraio - ha tolto quasi tutte le deleghe a Lippi. Il nuovo presidente di Infracom, Attilio Schneck (leghista, presidente di Brescia-Padova e della Provincia di Vicenza) ha avocato a sé il controllo della società. Piano industriale-finanziario e dismissioni non saranno gestite da Lippi.
 La posta in palio.
Disinnescare la mina Infragruppo-Infracom è un compito troppo delicato per Brescia-Padova, che controlla il 67% di Infracom tramite Infragruppo di cui detiene il 49%. E di conseguenza è delicato per gli enti pubblici soci di Serenissima, di Infracom e anche per Intesa Sanpaolo che risulta azionista di Infragruppo (con Imi Investimenti), di Serenissima (tra quote dirette e indirette controlla il 32%) e, inoltre, vanta un credito nei confronti di Infragruppo, tramite Cariveneto, di 135,5 milioni. Sono in discussione le competenze di Lippi? Non proprio. Piuttosto c'è la volontà-necessità di tenere in prima persona le redini.
 Salto doppio.
La semestrale di Infracom ha prodotto, infatti, un risultato difforme a quanto previsto dal piano industriale sulla base del quale è stato raggiunto l'accordo con le banche sul maxi debito. Il piano è quello predisposto in epoca pre-Lippi e che quindi il manager si è ritrovato una volta arrivato a Verona. La misura della difformità sui ricavi? Si parla di circa 50 milioni. Tanto che da una perizia asseverata, legata al vecchio piano, che parlava di un valore del gruppo pari a circa 270 milioni si passa a una nuova stima di 140 milioni. Il salto doppio è legato al nuovo piano che Infragruppo commissiona a Bain & Company. Si può dire, quindi, che il precedente piano era quanto meno ottimistico: veniva attribuita a Infracom una capacità di produrre ricchezza tale da consentire a Infragruppo di ripagare il maxi debito contratto con Cariveneto.
 Il domino.
Bain, quindi, dice che è tutto da rifare. Rivede il valore di Infracom (-48%) e ora, a cascata, questo rischia di riflettersi su tutti gli azionisti della società delle tlc (ci sono Aps Holding, Autostrada Venezia-Padova, la finanziaria della Provincia di Padova Finser e altri soggetti pubblici, si veda il box) e di Infragruppo. Scatola, quest'ultima, che nel frattempo accumula una perdita di 131,2 milioni e ha un patrimonio netto negativo per 94,3 milioni. Il mix è potenzialmente esplosivo: Infragruppo, infatti, vuol dire Brescia-Padova (che deve rispondere anche del debito contratto dalla holding con Cariveneto); Brescia-Padova vuol dire importanti soci privati come Intesa Sanpaolo ma anche Comuni, Province, e Camere di commercio di Verona, Vicenza, Padova e Venezia. Cosa potrebbe innescare il domino? Una svalutazione delle azioni Infracom. Quelle di Infragruppo, nel 2009, sono state già tagliate a 0,23 euro. Al termine dell'esercizio in questione, infatti, le perdite di Infragruppo sono ammontate a 11,3 milioni che «unitamente alle perdite portate a nuovo dai precedenti esercizi determina una perdita complessiva di 120,1 milioni». Da qui l'abbattimento del capitale da 156,9 milioni a poco più di 36 milioni.
 Vendite sotto la lente.
Mentre si cerca di far brillare, senza vittime, la mina finanziaria Infracom-Infragruppo, Bain e Brescia-Padova puntano alla valorizzazione di alcuni asset Infracom. La parte relativa alla mobilità dovrebbe tornare nell'alveo della Brescia-Padova. Il perché è legato al fatto che l'attività è strategica per l'autostrada e lo si vede dai numeri: l'80% delle commesse della business unit mobilità arriva da Serenissima. Si tratta di trovare un equilibrio tra azionisti pubblici e privati sul valore. Per questa ragione Schneck ha messo tutto nelle mani dei periti. Più che per la mobilità, però, le perizie sono quanto mai necessarie per il business It. Il problema della valorizzazione è serio, perché la cessione coinvolge un gruppo di manager interni a Infracom. Si tratta di Antonio Santocono ed Enrico Del Sole che insieme alla Nordest Merchant del gruppo Bpvi puntano a rilevare Infracom It. La morsa nella quale Brescia-Padova, soci privati e Intesa Sanpaolo sono chiamati a muoversi è stretta. Tanto che Alessandro Naccarato, deputato del Pd, in un'interrogazione ammonisce: vanno evitate le svendite.  

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