Inceneritore, i terreni acquistati da Grossi

L’area a rischio di Nerbon è in mano a «Rea Dalmine», non alla società di Unindustria
SILEA.
I terreni su cui verrà costruito l’inceneritore non sono di Unindustria, ma di «Rea Dalmine». Lo si scopre leggendo i preliminari d’acquisto dell’area di Nerbon su cui dovrebbe sorgere l’impianto. Giuseppe Grossi, arrestato due settimane fa, attraverso la società «Rea» di cui è amministratore delegato, è infatti titolare dei contratti preliminari di acquisto dei terreni. I contratti sono stati siglati tra la famiglia Buffon e Claudio Vittorio Sironi, a nome della «Rea Dalmine spa», di cui è consigliere e rappresentante legale. La firma di «Iniziative ambientali» non c’è.


Grossi è dunque, come dichiarato da Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria, un semplice partner tecnologico o il vero e proprio regista dell’operazione termovalorizzatore? E’ l’interrogativo che si pongono gli amministratori di Silea e i Comitati dei cittadini, anche alla luce della somma di dearo che dovrebbe essere scucita da «Rea Dalmine» per l’acquisizione definitiva dell’area di Nerbon, una volta ottenuti i permessi a costruire. Si parla di 5 milioni di euro circa, che saranno pagati ai titolari della Silea Legnami una volta ottenute le autorizzazioni regionali per la costruzione dell’impianto. L’acquisto potrà però diventare definitivo anche prima. In questi giorni sono in corso febbrili incontri per concludere la trattativa.


Già mercoledì si sarebbe tenuto un vertice con la famiglia Buffon e i suoi rappresentanti per determinare il passaggio di proprietà dell’area. Anche perché i preliminari di acquisto, già rinnovati una volta, scadranno il 15 gennaio 2010. Secondo le indicazioni dei preliminari di acquisto, queste spese dovrebbero essere affrontate, appunto, direttamente dalla «Rea» di Giuseppe Grossi, anziché dalla «Iniziative Ambientali», società nata da Unindustria. Anche il solo avviamento della procedura Via è piuttosto costoso, si parla di cifre vicine ai centomila euro.


Secondo i contratti preliminari, «Iniziative ambientali» sarebbe dunque solo il beneficiario ultimo dell’acquisto dell’area. Leggendo la documentazione, quello che emerge, dunque, almeno in questa fase del progetto, è che ad investire risorse sul progetto è ufficialmente la «Rea Dalmine» di Giuseppe Grossi. Una delle principali perplessità mosse dai sindaci ha sempre riguardato la copertura economica dell’operazione. Il termovalorizzatore di Silea costerà infatti 280 milioni di euro. Grossi da parte sua ha dimostrato in questi anni di avere le risorse per investimenti di tale importanza. Ci aveva provato anche in Puglia, all’epoca governata da Raffaele Fitto, ora parlamentare del Partito Della Libertà. Aveva ottenuto le autorizzazioni necessarie, poi l’arrivo di Nichi Vendola in Regione aveva bloccato tutto. Grossi aveva poi presentato un ricorso al Tar, chiedendo un risarcimento di 190 milioni di euro.


Nello stesso anno la «Rea Dalmine» ha firmato i contratti di acquisizione dell’area a Nerbon di Silea. L’operazione termovalorizzatore non è dunque ancora completamente chiara. L’arresto di Giuseppe Grossi, amministratore delegato di Greenholding e di Rea Dalmine, non ha fatto altro che gettare ulteriori dubbi su un progetto già osteggiato da politici e cittadini.

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