Il tribunale annulla matrimonio gay registrato all’anagrafe di Quinto

L'atto era stato trasmesso al Comune dal Consolato italiano a San Francisco
QUINTO. Annullato il matrimonio gay registrato all’anagrafe di Quinto. Lo ha stabilito il tribunale di Treviso che ha accolto la richiesta del procuratore, Antonio Fojadelli. La coppia protagonista della vicenda, al momento, sembra intenzionata a non presentare appello.


Era stato lo stesso ufficio comunale di Quinto, non appena ricevuta la notizia dell’errore da parte del Consolato italiano a San Francisco, dove i due uomini si erano sposati, a rivolgersi alla magistratura per l’annullamento di quella che è passata alla cronaca come la prima unione omosessuale d’Italia.


Il sindaco leghista, Mauro Dal Zilio, si era subito schierato contro l’errore burocratico e aveva promesso battaglia in ogni sede: «Quell’atto non è valido, dunque non ha alcuna efficacia». Una posizione, quella di Dal Zilio, condivisa da subito anche dal procuratore della Repubblica di Treviso Antonio Fojadelli. «L’atto di registrazione dell’unione è giuridicamente irricevibile - aveva commentato Fojadelli - darò parere favorevole all’annullamento, sarà poi il tribunale ad esprimersi». E il tribunale ha deciso per l’annullamento dell’atto, che coincide di fatto con l’annullamento dell’unione ai fini del riconoscimento legale.


Era stato lo stesso Consolato a chiedere, il 13 maggio 2009, la trascrizione dell’atto di matrimonio. Quattro mesi dopo, i funzionari italiani di stanza in California si accorgono che la richiesta di registrazione ha riguardato l’unione tra due maschi. E’ a questo punto che il Consolato chiede al Comune di Quinto di attivare le procedure per annullare la trascrizione. L’ufficio di stato civile provvede ad inoltrare al tribunale la richiesta di annullamento dell’atto.


La coppia protagonista della vicenda ha dato battaglia, nella speranza che il tribunale di Treviso chiedesse un parere alla Corte costituzionale. Ora sembra intenzionata a non presentare appello contro la decisione dei giudici. «Ero convinto di poter cambiare le cose, poi mi sono scontrato con la realtà», ha commentato il protagonista di questa vicenda. La speranza era quella di riuscire, in qualche modo, a cambiare la mentalità dell’Italia ancora «troppo chiusa» nei confronti dell’omosessualità.

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso