Grappa fatta in casa La Lega: legalizzatela

La Lega vuole legalizzare la grappa fatta in casa, una tradizione antica che nella Marca sopravvive ma nella clandestinità.
- A PAGINA 31
- A PAGINA 31
Oddio no, non facciamoci del male». Questa la reazione del distillatore Sandro Bottega alla notizia che due senatori leghisti, Enrico Montani (componente della commissione Agricoltura) e Sergio Divina hanno presentato un disegno di legge che consente di riprendere la produzione artigianale di grappa «nei contesti agricoli e con mezzi artigianali in famiglia». Le attuali disposizioni statali, in ambito fiscale e igienico, vietano questi tipi di produzione, legando la norma alle regole e alle limitazioni del regime dei monopoli di Stato. Montani e divina vorrebbero invece consentire la produzione della grappa “fatta in casa” «purchè nell’ambito di vincoli tali da garantire la qualità e la genuinità del prodotto e da escludere possibili pregiudizi a danno delle imprese produttrici». Per arrivare a questo risultato sarebbe richiesta «una buona prassi di autoregolamentazione igienica», una limitazione di quantità legata all’autoconsumo (30 litri) e «l’impiego di locali agrituristici gestiti da produttore medesimo». Di regime fiscale, accise e altro non si fa menzione. «E questa - dice Andrea Maschio, rampollo della storica distilleria trevigiana che produce anche la Prime Uve - è già una prima voce che non ci torna. Al di là di questo, chi produce grappe deve sottostare a una serie di controlli, regole e obblighi tecnologici che sono stati studiati a difesa della salute. Credo che l’associazione dei distillatori avrà qualcosa da dire in proposito». «Vogliamo proprio tornare indietro, quando gli alcoli superiori e il metilico contenuti nelle grappe enfatizzate come “fatte in casa” costituivano addirittura causa di mortalità diffusa tra i nostri nonni e bisnonni? Non sia mai - dice Annibale Toffolo, gourmet, enologo e direttore di “Taste Vin” - La gente che si fa la grappa da sè è sempre esistita, ma questa pratica si è spenta davanti all’evidenza dei fatti. A parte che un disegno di legge del genere rischia di mettere in crisi le poche e serie distillerie rimaste, fare la grappa non è come servire la propria insalata in un agriturismo o fare il vino in casa. E solo le tecniche avanzate delle distillerie possono garantire la salubrità e la bontà del prodotto. Anche i nostri piccoli produttori di vino che vogliono farsi la grappa con le proprie vinacce per farne dono a clienti e amici si rivolgono alle distillerie. E poi chi farebbe i controlli? Vogliamo tornare ai tempi in cui di grappa fatta in casa si moriva con i visceri bruciati. Un’idea malsana». Allertato dai distillatori trevigiani, si fa vivo anche un noto produttore di grappe altoatesino Andrea Roner di Termeno: «In Alto Adige e in Friuli la distillazione in casa è consentita fino a 300 litri anidri annui. Questo crea una marea di problemi, c’è chi ne fa 1000 litri, pessimi e pericolosi, e quando viene beccato racconta le cose più assurde, tipo che gli servono per massaggiare le gambe alle mucche. E magari la passa liscia. Non vi auguro di arrivarci». «Massimo rispetto per tutte le tradizioni e il loro mantenimento - dice Sandro Bottega - ma nel caso specifico parliamo di alcol e il mio consiglio, per la salute, è di evitare di bere grappe “caserecce”. Le tecnologie hanno fatto passi da gigante per fare prodotti sani, digeribili, con bassa gradazione e buoni per il palato. Non basta un alambicco e una caldaia per dare grappa sana. Credo poi che siano altre le proposte di legge di cui in questo momento ha bisogno l’Italia».

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso