«Gli ospedali con i soldi privati non sono il male assoluto ma non siano a spese delle cure»

Leonardo Padrin fissa il percorso dei project financing: «Il soggetto pubblico deve avere una posizione di forza»
Leo Padrin (Pdl)
Leo Padrin (Pdl)
VENEZIA. Con uno strappo alla regola, operazione che gli riesce sempre bene, Leonardo Padrin ha aperto ieri i lavori della commissione sanità ai giornalisti. Apertura parziale (la discussione è tornata a porte chiuse) ma sufficente per capire dov'è il nord della questione. Si parlava di project financing, cioè di opere pubbliche (nel caso gli ospedali) costruite con i soldi dei privati. La conclusione non c'è ancora, ma i timori espressi da tanti sono fondati: il privato ci guadagna, il pubblico ci rimette. Bisognerà girare il coltello: il manico deve tornare in mano all'ente pubblico.


«Il sistema del project financing, soprattutto se applicato alla sanità, non è il male assoluto ma va sicuramente rivisto in modo che il soggetto pubblico, diversamente da quanto avviene adesso, sia in una posizione di forza».


Ipse dixit, cioè Padrin. L'affermazione del presidente della commissione rappresenta la sintesi ufficiale della discussione e dà la misura politica della criticità di questo istituto. Per tradurre questa criticità in cifre bisogna scorrere il dossier presentato ieri. Uno studio che fa i salti mortali per mettere a confronto tre tipi di project diversi, utilizzati dall'Usl 8 di Asolo per ampliare l'ospedale di Castelfranco e ristrutturare quello di Montebelluna; dall'Usl 4 Alto Vicentino per avviare la costruzione del nuovo ospedale di Santorso, operazione appena iniziata; dall'Usl 12 Veneziana per costruire il nuovo ospedale di Mestre, ultimato e funzionante da un paio d'anni. Come usare lo stesso metro per periodi storici diversi, o mettere insieme mele e pere, operazione vietatissima anche alle elementari. Per questo il dossier è pieno di cifre e di note in calce che cercano di collocarle nella giusta misura per leggerle.


La ricognizione dovrà essere completata con due nuove audizioni: quella di Sandro Caffi, direttore generale dell'Azienda Ospedaliera di Verona e di Giovanni Pavesi, il suo collega dell'Usl di Monselice-Este. Motivo: su Verona è stato avviato un nuovo project e su Monselice si pensa di costruire il nuovo ospedale attraverso un project con i privati «mascherato da concessione». Espressione usata dal consigliere Raffaele Grazia, Udc, il quale sostiene da tempo che il project applicato alla sanità è il male assoluto senza se e senza ma. Grazia fonda l'affermazione su dati riscontrati anche dal dossier, che è stato redatto rifiutando in partenza ogni impostazione ideologica.


Purtroppo non è l'ideologia, sono le cifre a dimostrare una confusione di fondo. Prendiamo il nuovo ospedale di Mestre: è costato 245.902.050 euro di cui 28 milioni di Iva che non viene recuperata dall'Usl; il canone annuo che il pubblico paga al concessionario è 54,6 milioni di euro, di cui 8,7 di Iva, per 29 anni. A fine corsa si supera il miliardo e mezzo di euro e i 260 milioni di Iva. Domanda chiave: con un mutuo bancario contratto direttamente, o magari costituendo una società, l'Usl avrebbe speso altrettanto o di meno? Questa domanda non ha ancora risposta. Ed è qui che è attesa la commissione. I privati che investono nel project hanno rendimenti sull'8%. Avranno pure i loro rischi, ma hanno anche tutte le clausole dei contratti a loro favore.


Nei prospetti del dossier è interessante notare che solo l'Usl 4 Alto Vicentino ha 5 canoni diversificati, che consentirebbero un recesso più facile nel corso del tempo, in presenza di fatti nuovi; le altre hanno un canone unico.


Il vero problema è che nel project i muri degli ospedali vengono pagati con i fondi destinati alla cure sanitarie, non all'investimento. Bisognerà intervenire. E con queste premesse, possiamo dire addio al nuovo ospedale di Padova in project.

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