Giacino rimane in carcere la moglie torna in libertà

Venezia: il tribunale ha respinto il ricorso difensivo dell’ex vicesindaco di Verona Accolto, per vizio di forma, quello di Alessandra Lodi: ora non è più ai domiciliari
Di Giorgio Cecchetti

VENEZIA. L’ex vicesindaco di Verona Vito Giacino resta in carcere mentre la moglie, l’avvocato Alessandra Lodi, da oggi è libera, non è più agli arresti domiciliari. Lo ha deciso, nel pomeriggio, il Tribunale di Venezia presieduto dal giudice Angelo Risi. I magistrati lagunari hanno respinto il ricorso presentato dagli avvocati Filippo Vicentini e Apollinare Nicodemo per quanto riguarda l’esponente politico eletto nella lista guidata dal sindaco Flavio Tosi, mentre hanno deciso per l’inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare per la moglie a causa di un vizio di forma che riguarda la notifica dell’udienza di ieri. I due devono rispondere di concussione e corruzione, quest’ultimo reato in concorso con l’imprenditore veronese Alessandro Leardini, con il quale due giorni fa la coppia è stata messa a confronto.

È Leardini, infatti, che li accusa di aver pagato oltre 600 mila euro di tangenti in cambio di favori ottenuti da Giacino, che era assessore all’urbanistica e all’edilizia. All’udienza di ieri, in laguna, era presente anche il pubblico ministero di Verona Beatrice Zanotti, che coordina le indagini. Due giorni fa, durante il confronto, Leardini ha confermato tutte le accuse sia nei confronti dell’ex vicesindaco sia della moglie ed è probabile che la rappresentante della Procura veronese, dopo la decisione del Tribunale veneziano che non è entrato nel merito delle accuse, rinnoverà la richiesta di arresti domiciliari per Alessandra Lodi.

Stando all’ordinanza di custodia cautelare a incassare il denaro delle mazzette per l’amministratore pubblico, spacciate per parcelle in pagamento dell’attività professionale di lei, era la moglie. Le intercettazioni telefoniche degli inquirenti rivelano che alcuni mesi prima degli arresti i rapporti tra marito e moglie erano tesi e incrinati, tanto che sia un’amica sia la madre della donna spingevano perché si rendesse autonoma, ma in più di un’occasione Alessandra Lodi spiega loro che ormai non le bastava più per vivere guadagnare 30-40 mila euro all’anno. Nel 2012, infatti, la sua dichiarazione dei redditi aveva superato i 325 mila euro, buona parte dei quali provenienti dalle casse delle aziende di Leardini per finte parcelle. Così, lei ricorda ad amiche e madre che mai riuscirebbe a guadagnare quelle cifre lasciando il marito.

Tra l’altro nell’ordinanza di custodia si legge che la Lodi «non avendo uno studio legale, si presume svolga attività di consulenza per lo più telefonica e a domicilio del cliente, ha, tuttavia, registrato pochissime telefonate di lavoro; è, viceversa risultato che solitamente trascorre buona parte delle mattinate in casa, dedicandosi quotidianamente per almeno quattro ore all’attività fisica, che svolge sia nella palestra di casa che presso un centro sportivo».

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