Fra ostie e bestemmie, Follina in prima pagina: «Siamo duri ma buoni»
In paese c'è chi difende La Bestemadora e c'è chi invece sta dalla parte dei frati. Certo è che il locale di Follina aperto in faccia all’antica abbazia e che ha fatto insorgere i preti è al centro dell’attenzione dei media

FOLLINA
. «Sì dài, giornalista: scrivi che questa è una terra di leghisti, pronti a fare la battaglia per difendere il crocefisso ma solo dopo aver bestemmiato come turchi, alla faccia dei frati neri dell’abbazia. La verità è che, paradossalmente, il crocefisso e la bestemmia sono, per noi, complementari. Appartengono entrambi alla tradizione. Quando bestemmiamo, non ce la stiamo prendendo con Dio. E’ stato il parroco, quello vecchio, ad arrabbiarsi con quelli dell’osteria e a predicarlo in chiesa. Ma, guardacaso, quel parroco non c’è più. Ce l’aveva perfino con chi veniva a sposarsi qui da fuori; ce l’aveva con chi in chiesa suonava musica non sacra. Ce l’aveva... in genere, insomma. Noi non siamo così».
Non racconta bugie l’avventore dell’osteria «La Bestemadora» di Follina, al centro dell’attenzione dei media perchè, con quel nome, apre i battenti in faccia all’antica abbazia dei frati Servi di Maria, che per il paese rappresenta un’importante attrattiva turistico-culturale, ma anche, più prosaicamente, la chiesa parrocchiale. Se a pochi passi da qui «naque e santamente morì - come dice la lapide - Jacopo Bernardi, scrittore, educatore e filantropo insigne», non altrettanto santamente si sono espressi, per decenni, giocatori e pubblico della Follinese Calcio, che prima di trasferirsi nel nuovo stadio giocava proprio nel campetto sotto l’abazia. E quel sant’uomo di padre Gildo, il decano del convento, lo dice con un mite sorriso: «Certo, quando nel campetto si giocava, allora sì bisognava sbarrare le finestre per non sentire. E d’altronde era inevitabile... Quanto alla predica che se la prendeva con chi, in una giornata particolare della scorsa estate, da quella osteria aveva lanciato fulmini e saette per una partita a carte finita male, va detto che quel predicatore ora non è più qui. L’episodio era stato dimenticato, chi l’abbia rispolverato non si sa». Il sindaco Renzo Tonin si «riserva di parlare» con Fabrizio Biz, titolare dell’osteria che porta un nome considerato ingiurioso dai frati. Titolare che, nel frattempo, non è mai riuscito a esporre l’insegna in legno che porta il nome de «La Bestemadora».
«Ma è solo un problema di Belle Arti - smorza Biz - Qui siamo in zona tutelata». Sarà, ma il Colto, avventore famoso per aver detto a Yuri Chechi (sì, proprio alla Bestemadora, davanti a un bianco) «ti tu sè quel che se taca ai anèi?», non ci sta. «Questo - racconta - una volta era un circolo. Si mangiava e beveva (ancora si legge sul muro «piat fredi e pastasute»), si versavano le quote e, quel che avanzava, Fabrizio lo dava all’asilo dei preti ogni anno. Quanto alle bestemmie, qui se ne sentono molto meno che in altri bar del paese. Per non parlare del Las Vegas, porta a porta con il campanile, chiuso dopo milioni di bestemmie».
«Anche a me dà fastidio sentir suonare le campane dei frati quindici volte al dì - spiega Nane Chies, uno dei giocatori di carte di quel famigerato giorno d’estate - ma non sono mai andato a lamentarmene con il sindaco». «Questo locale è aperto da Pasqua, ma per 15 anni era un ritrovo privato di amici che, al momento giusto, si ricordavano puntualmente delle opere parrocchiali», dice imbronciato Celeste Chiesura. In paese, nel locale «nobile» del centro, Al Milano, il gestore Nicola Torresan - che comunque è un asolano e non appariene all’umanità locale - sottolinea che lui, quando agli avventori scappa una bestemmia di troppo, «interviene».
Ma i suoi avventori non paiono sanguigni come quelli della Bestemadora. Piero Scandiuzzi, che pure si definisce agnostico, dal tavolo di un altro bar sottolinea che «La bestemmia è un reato e una maleducazione: non bisogna dimenticarsene». Aggiungendo che comunque «a volte è anche questione di tono di voce». Il biologo e positivista Paolo Lorenzon, frena: «Bestemmiare è un po’ da vecchi, non fa blasone e va contro la buona educazione. Ma le bestemmie dei nostri vecchi fanno parte del modo di esprimersi, più che altro sono delle sottolineature un po’ grossolane e stonate, niente più. Immagino che Dio s’arrabbi per ben altre cose che succedono nella nostra povera Italia. Due ombre, buone, di troppo, provocano anche qualche intemperanza». «E del resto - sottolinea il solito Colto - la statua più famosa dell’abbazia non è quella della Madonna del Sacro Calice? Alla fine, tutto questo baccano servirà solo ad attirare qualche curioso».
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