Fermato l'assassino del trans: è un africano
Svolta nelle indagini sull’omicidio di Mateus da Silva Ribeira, il transessuale trovato morto venerdì pomeriggio nel suo appartamento a Castelfranco. I carabinieri hanno fermato ieri pomeriggio alle 17 un uomo, africano, originario del Burkina Faso. Ha confessato. Dice di aver colpito il viado con un pugno quando ha scoperto che non era una donna e che dunque l’aveva ingannato. «Volevo i miei soldi indietro». Altro non aggiunge: «Non ricordo». Si chiama Harouna Bancè, ha 28 anni, regolare, e abita a Feltre.

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Ha un volto il presunto assassino di Mateus da Silva Ribeira, il transessuale trovato morto venerdì pomeriggio nel mini appartamento del residence «Le Logge» di Castelfranco. E’ quello di un 28enne del Burkina Faso, Harouna Bancè, fermato ieri durante le indagini condotte dai carabinieri di Castelfranco e dal Nucleo operativo di Treviso. L’extracomunitario è stato interrogato dal pm Iuri de Biasi ed ha parzialmente confessato. A condurre fino a lui le indagini sarebbero stati i tabulati telefonici del cellulare della vittima. Il ventottenne è stato trasportato al carcere di Santa Bona.
La svolta nelle indagini è avvenuta ieri pomeriggio alle 17.30 quando l’uomo, residente a Feltre e impegnato in una fabbrica della periferia feltrina come carpentiere, è stato condotto in carcere.
L’indagine.
Per tutta la giornata gli investigatori hanno stretto le fila dell’indagine, un’operazione minuziosa portata a termine incrociando soprattutto i nominativi evidenziati dai tabulati telefonici del telefono della vittima. I carabinieri hanno prima ascoltato altri conoscenti del transessuale, poi le persone che risultavano aver contattato il 24enne nelle ore precedenti il delitto. I sospetti si sono subito concentrati su una di queste, Harouna Bancè: l’uomo al quale portavano anche gli indizi dati dallo spostamento del segnale telefonico del cellulare della vittima. Sparito dal luogo del delitto infatti il telefonino avrebbe continuato a dare segnali avvicinando gli ispettori alle tracce lasciate dal ventottenne.
L’ammissione.
Messo alle strette dalle domande degli investigatori Bancè alla fine avrebbe parzialmente confessato. Avrebbe ammesso di aver avuto uno appuntamento con il transessuale mercoledì sera, ma avrebbe parlato di una degenerazione delle cose, di uno scontro verbale presto finito in una colluttazione violenta, i cui effetti (secondo il racconto fatto) sarebbero stati amplificati dalla cocaina sniffata poco prima dell’incontro. Poi: il buio. Nessuna menzione del pareo trovato legato al collo della vittima. Solo il ricordo di un pugno sferrato in un raptus folle.
L’appuntamento.
L’extracomunitario aveva contattato Mateus da Silva Ribeira convinto fosse una donna. E’ stata la sua telefonata al giovane a segnare il primo punto dello schema che a distanza di quattro giorni avrebbe portato gli investigatori sulle sue tracce.
La pista veneziana
Per arrivare al nome di Harouna Bancè gli investigatori hanno passato in rassegna anche l’agenda di nominativi che faceva parte del passato del giovane transessuale che aveva infatti spostato definitivamente i suoi incontri a Castelfranco solo negli ultimi quindici giorni. Prima, si prostituiva in un appartamento a Marghera. Quello attorno al quale gravitavano le visite di molti clienti.
I clienti abituali.
L’indagine ha anche preso in esame tutti i possibili clienti privilegiati del giovane trans. Tutti quelli che per vedere il 24enne arrivavano direttamente sotto casa, senza telefonare. Persone che godevano di un canale privilegiato e che forse facevano parte proprio della schiera degli habituè.
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