Esplode la rabbia di Soave «Zaia come Bassolino, non può dirci che la terra è bagnata»

Qui e sopra, due immagini dell’alluvione che ha sommerso Soave
SOAVE (Verona).
Poggia moscio sui radi balconi di Soave il tricolore della prima commemorazione alluvionale, la prima di epoca zaiana, bianco rosso verde e bagnato. Non che ce ne fosse bisogno. Non ne sentivano la necessità i ristoratori, i negozianti e la gente del paese svevo alla quale neanche l'alzheimer poteva indebolire la memoria dell'ultima del primo novembre 2010. Quattro mesi dopo è già replay. Per cui si può dire che giovedì, 150º dell'Unità d'Italia, il ricordo era ancora fradicio e lungi dall'asciugare, in ogni caso non aveva bisogno di essere rinfrescato come è accaduto quando il Tramigna è tracimato per la seconda volta. E ieri a Illasi si è ripetuto, costringendo all'evacuazione di una decina di famiglie.
A Soave si commemora, dunque, ma da incazzati e non si vorrebbe. Si ricordano le promesse, i giuramenti solenni del commissario all'emergenza, gli impegni degli assessori e dei presidenti di provincia, i «mai più accadrà», i «mai più come prima», i solerti lavori di contenimento, i celeri avvii e i pronti ripristini di argini e letti, i risoluti interventi per avviare le necessarie casse di compensazione, le dighe di contenimento in quel che quattro mesi fa sembrava finalmente il partiam, partiam decisivo e incontenibile, la madre di tutti i piani di riassetto idrogeologico mai visti in regione. Niente, non è successo niente, eravamo a «scherzi a parte». Il presidente Luca Zaia si offende a sentire quello che gli stanno rovesciando addosso, e forse ha ragione: non tutto è colpa sua, la terra è fradicia, la falda freatica zuppa, i tempi della burocrazia lunghi e l'ufficio complicazione cose semplici sempre in funzione. Ma è satura anche la pazienza della gente costretta a buttare via gli arredi comprati quattro mesi fa e sempre la stessa gente ha superato il livello di comprensione sul perché debba essere sempre lei a capire i governanti e mai il contrario; per cui oggi dichiarano che ne hanno la falda piena e la sopportazione vuota. L'acqua ha invaso piazza Cavalli, 10 centimetri in meno dell'altra volta, ma - chissà perché - questa era più puzzolente e la melma che ha lasciato più difficile da levare. «Si spalmava invece di andarsene» certificano al bar. Filippo ha 10 anni e con la mamma è corso a mettere le assi sull'uscio della pasticceria, «troppo tardi, l'acqua è arrivata velocissima». Mamma aveva avuto danni per 30 mila euro e, finora, ha ricevuto un 10% di indennizzo. Ora non sa per chi voterà la prossima volta, ma dice che è «incattivita» e sarà «cattiva», «Zaia non può venirmi a dire che la terra è bagnata». Di fronte, nel negozio Castellania della signora Giulietta, così sottosopra che non si riesce a capire nemmeno che cosa vendeva - vetri forse, origami - è al lavoro la stessa squadra di operai che lavorava ai danni del novembre, operai così avviliti da vergognarsi di chiedere i soldi un'altra volta, «sai che gusto rifare quello che hai fatto quattro mesi prima». L'offesa è arrivata così sfacciata e imprevista da sembrare finta, non ci credevano nemmeno quelli della protezione civile intervenuti per primi, «pensavo fosse un'esercitazione» racconta la squadra a guardia al ponte sul Tramigna di fronte al bastione ghibellino. Il fiumiciattolo è sempre lì, con la melma e senza forza pluviale fa la paura di una chiavica, uguale solo un po' più sporco resta il muretto che gli fa da parapetto e che, mezzo metro più alto, sarebbe servito anche a fermarlo, la prima opera e la più ovvia da fare. E invece no, pur balenata, l'idea di alzarlo quel tanto che basta è rimasta sulla carta ed era ancora in viaggio tra Soprintendenza ai beni culturali e Comune quando la piena del Tramigna ha superato il muro per la seconda volta. Insomma c'è da scorarsi solo a parlarne, «io non so cosa accade - spiega un signore che ha l'età per dirlo - da 50 anni sto accanto al Tramigna, pioveva anche allora eh, e l'acqua era limpida, come mai, ora bastano due gocce di pioggia per infangarla e andare sotto?» «Voglio la testa di qualcuno!» ha gridato il presidente della provincia veronese lasciando intendere che la testa è da cercare in Regione. Ma ogni collo da quelle parti è pristino e innocente per definizione, per cui nessun decollato, l'esecuzione è rinviata al giorno delle prossime elezioni mentre ognuno a Soave coltiva e si fa boia nel profondo del cuore. «Zaia come Bassolino, il secondo li sommerge con i rifiuti, il nostro con l'acqua» è uno di tanti post-it affidati al web. Intanto i fascicoli della prima alluvione si accumulano sul tavolo del procuratore Mario Giulio Schinaia e non sarà certo la seconda a portarli via, voci dicono di prossime iscrizioni sul registro degli indagati, «e ci spero - sbotta il padrone del ristorante Amleto - anche se non ci credo, ma almeno sbollirei un po' di rabbia». Dal comune finora ha ricevuto 450 euro. Chi ha voglia di scherzare non pagherà il conto. Allegra e persino beneagurante la signorina della Cassa di Risparmio, chiusa per quattro mesi, riaperta l'altro giorno e ora di nuovo chiusa per alluvione, «se vede delle banconote sullo stendino, sono le nostre». Il signor Loris Burti ha un giramento di budella invece - «avevo danni per 50 mila euro, ne ho ricevuti 8 mila, sono di nuovo sotto di altri 50 mila» - come torta appare la bandiera del leone marciano sul pennone del vecchio municipio, tra le altre due visibilmente rilassate e imperturbabili, l'italiana e quella siderale della Ue.
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