Chiude la Indesit, 96 dipendenti rimangono senza lavoro

Stop allo stabilimento di Refrontolo. I sindacati: è inaccettabile, daremo battaglia
TREVISO.
Indesit taglia lo stabilimento di Refrontolo e sposta l'asse produttivo a sud. Una decisione improvvisa che ha preso in contropiede tutti a Treviso: dai sindacati, ai lavoratori, ai politici, pronti a salire sulle barricate per salvare la fabbrica e gli attuali 96 posti di lavoro. Si comincia oggi con un'assemblea permanente in fabbrica e l'occupazione delle strade a Refrontolo, cui seguiranno scioperi a singhiozzo fino al 17 giugno ad Ancona, quando ci sarà l'incontro tra azienda e sindacati.


La «Fiat degli elettrodomestici» - come viene chiamata Indesit, gruppo che fattura 2,6 miliardi di euro appartenente alla famiglia Merloni - ha varato ieri un piano di riorganizzazione industriale con investimenti per 120 milioni e taglio dei rami produttivi di Brembate (500 occupati) e Refrontolo (ex Star), il primo storico stabilimento trevigiano già oggetto di un pesante ridimensionamento (dai 250 dipendenti del 2005 si è arrivati ai 96 attuali).


Una decisione che ha colto impreparati sindacati, lavoratori e forze politiche, decise a dare battaglia per difendere il sito produttivo dove vengono lavorati i piani di cottura professionali con sagomature fuori catalogo. Una realtà «sartoriale» e di alta gamma rispetto al resto delle produzioni seriali di elettrodomestici, i cui volumi sono stati storicamente marginali all'interno del gruppo Indesit ma con un alto valore aggiunto, che ha permesso la sopravvivenza della fabbrica oggi sotto scacco.


Ad essere a conoscenza della manovra erano il ministro Maurizio Sacconi, il presidente della Provincia Leonardo Muraro e il sindaco di Refrontolo Mariagrazia Morgan, che hanno ricevuto martedì l'anticipazione portata a Treviso da un manager inviato da Fabriano. «E' incomprensibile la scelta del consiglio d'amministrazione della Indesit Company di chiudere gli stabilimenti del nord Italia, compreso quelle di Refrontolo - ha affermato ieri a stretto giro il presidente della Regione Luca Zaia -. Non capisco le presunte ragioni di una riorganizzazione della produzione che taglia fuori un territorio, una comunità, con cui si è contratto un debito importante». Un giudizio che non lascia spazio a fraintendimenti e porta la politica al centro della questione.


Le strade abbozzate da Indesit agli amministratori trevigiani sono due: l'apertura di una procedura che in 5 anni porterebbe al licenziamento del personale tramite cassa integrazione, mobilità e aiuti al ricollocamento, e la possibilità di lasciare lo stabilimento a costo zero a nuovi imprenditori. «Sollecito caldamente la proprietà dell'azienda affinché, all'interno del piano di investimenti da 120 milioni di euro nel triennio 2010-2012 di cui leggo dalle agenzie - afferma ancora Zaia - trovino posto anche gli stabilimenti del nord tra cui quello di Refrontolo e ricordo che, nel recente passato, erano state date assicurazioni di investimenti aziendali per ammodernare gli stabilimenti e rilanciarli. Ci pensi la Indesit, e ritorni sulla sua decisione, riconoscendo che il legame con il nord non può essere cancellato con un tratto di penna». Alzata di scudi anche da parte della capogruppo in regione del Pd Lauda Puppato, che ha parlato di «una scelta che suona come un campanello d'allarme molto preoccupante sia perché in questa zona già si soffre una pesante crisi occupazionale, sia perché questa vicenda obbliga tutti, a partire dal presidente Zaia, a fare una riflessione sulla reale capacità del Veneto nel mantenere sul territorio la grande imprenditoria».


Ad aggravare la situazione è stata la mancanza di comunicazioni ufficiali tra azienda e lavoratori, presi alla sprovvista soprattutto a Treviso, dove l'assemblea di ieri era stata indetta già nelle scorse settimane per discutere del nuovo contratto aziendale. Un appuntamento atteso con impazienza dai dipendenti convinti di intravvedere un futuro più sereno dopo gli ultimi sali e scendi delle vendite. Con l'arrivo della notizia lanciate dalle agenzie di stampa, la riunione ha mutato il suo fine, diventando il primo passo verso una lunga lotta sindacale.
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