Turingia, laddove c’era la “Cortina di ferro” ora pulsa il cuore verde d’Europa
Est-Ovest: viaggio sull’ex confine. Sulle orme del pensiero innovatore di Bach, Goethe e Lutero, alla scoperta di Weimar, Eisenach ed Erfurt. Passando nei luoghi dove restano le cicatrici della divisione fra le due Germanie, ma dove a vincere è stata anche la natura

Quel soffio di libertà aleggia ancora a Weimar… Lo si coglie nell’aria, specie quando la luce del giorno sul far del tramonto colora di pastello il cielo sopra la città. Non stupisce che qui tra il ‘700 e l’800, sospesi fra illuminismo e romanticismo, abbiano vissuto geni del pensiero poetico universale come Johann Wolfgang von Goethe e Friedrich Schiller; che qui accompagnata da mille speranze per la democrazia europea sia nata la prima Repubblica tedesca all’indomani della Grande Guerra e che, sempre qui, sia cresciuta l’avanguardia creativa e razionale della Bauhaus, il movimento culturale e artistico generato dalla scuola di Walter Gropius che innovò profondamente il design anche negli anni a venire, all’insegna dell’arte, della tecnica e del funzionalismo.

Weimar è simbolo stesso di libertà, di classicità, di pensiero alto ed è bello oggi immaginarla anche come una delle icone della rinascita della Germania, uscita dal cupo periodo del nazionalsocialismo, della guerra e della Cortina di Ferro.
Weimar è rimasta Weimar, è risorta come la Weimar studiata nei libri quasi che l’utopia immaginata da Anna Amalia e poi da Carlo Augusto, duchi illuminati di Sassonia -Weimar, continuasse a tracciare nuove rotte. Le sue cupole, i suoi palazzi, le sue chiese, le sue biblioteche… Tutto è tornato a risplendere.
Dalla Repubblica di Weimar alla Bauhaus, una stagione di speranze

Weimar è una città piacevole da vivere, corroborante da “respirare”, ecologica e sostenibile. In fondo chi l’aveva resa bella e colta già alla fine del secolo dei Lumi forse la sognava così anche per i secoli a venire. Per rendersene conto basta entrare, in una sorta di pellegrinaggio culturale, nella casa di Johann Wolfgang Goethe, che già al tempo era considerato un padre della cultura tedesca (prima cioè che nascesse la Germania) anche al di fuori dell’ambito letterario per le sue visioni politiche di respiro europeo, tanto il granduca Carlo Augusto lo fece persino primo ministro).
O piuttosto si può varcare la soglia di quel tempio alla modernità che è la Bauhaus: il museo progettato dalla giovane
architetta Heike Hanada e inaugurato nel 2019; è un modo per scoprire, fra le mille altre cose, che le cucine di oggi, impropriamente chiamate “americane” quando apparvero (negli anni ’60), sono in realtà figlie del pensiero “rivoluzionario” e fortemente innovativo degli allievi di Gropius.
Weimar, dunque, ben rappresenta e dà sostanza alla nuova stagione che sta vivendo la Germania; stagione iniziata nel 1989-90 con la caduta del Muro e con la successiva riunificazione. Ecco perché vi si coglie questo soffio di libertà, di apertura, di amore per le arti. Oltre a Goethe, la cui presenza ancor oggi giganteggia persino nelle insegne turistiche (ma è meglio andarla a riscoprire nella sua casa museo, dove ancora ritroviamo persino le sue carrozze, o nella mostra dedicata ai 250 anni del Faust).
Città votata alla cultura con ben 30 musei a fronte di una popolazione di appena 65.000 abitanti. Ancor oggi esibisce con orgoglio la sua aria intellettuale. Impossibile non restare affascinati dal patrimonio classico fatto dai palazzi, i giardini e le collezioni dei duchi di Weimar, dalle residenze e dal patrimonio letterario di Goethe e Schiller, o ancora la piazza del mercato con i suoi localini e l’hotel Elephant, dove risiedeva Thomas Mann. Impredibile la Biblioteca Anna Amalia, una bomboniera rococò ricca di libri e busti di uomini illustri diventata quasi un simbolo della Germania
La fortezza della Wartburg di Eisenach, crocevia della storia tedesca

Eisenach, famosa per aver dato i natali al grande compositore Johann Sebastian Bach, padre della musica barocca (merita una visita il museo a lui dedicato in centro storico, ricco di documenti autografi) è immersa nella boscosa Selva di Turingia. Una città avvolta dal verde: arrivando la si coglie soltanto all’ultimo. La prima a spuntare è la mole della Wartburg, l’arcigna fortezza della città, il luogo simbolo che è anche patrimonio dell’Unesco.
Nella maestosa fortezza Martin Lutero, il padre della Riforma che visse nella città per diversi anni come studente della scuola di latino, si rifugiò dopo aver esposto a Wittemberg le tavole con le sue 95 tesi che gli costarono la scomunica da parte di Papa Leone X. Qui nascosto, tra il 1521 e il 1522, nel castello di Wartburg, protetto da Federico III di Sassonia, tradusse il Nuovo Testamento in tedesco. Durante la visita nella fortezza è possibile visitare la sua cameretta austera, tanto diversa dalle altre sfarzose stanze della corte.
Nel 1207 nella Wartburg si svolse la Sängerkrieg, la storica gara di poesia tra menestrelli che Richard Wagner avrebbe ripreso qualche secolo più tardi, rendendola immortale nel Tannhäuser. Qui dal 1211 al 1227 visse anche Elisabetta d’Ungheria, poi proclamata santa, moglie di Ludovico IV di Turingia, morto a Otranto mentre attendeva di imbarcarsi per la Terrasanta per prendere parte alla sesta crociata.
Dalla morte del marito, Elisabetta si dedicò completamente ad una vita di povertà, spesa per i poveri e i malati ritirandosi nell’ospedale che aveva fatto costruire a Marburgo, dove morì a soli 24 anni.
Un altro fatto storico ha reso celebre e “patriottica” la fortezza Nel 1817 vi si tenne il Wartburg Festival, nel quale 500 studenti e diversi professori protestanti festeggiarono il lascito di Lutero e la vittoria contro Napoleone nella battaglia di Lipsia (1813, vi furono coinvolti 560.000 soldati), spinti da un sentimento che avrebbe gettato le basi per l’unificazione della Germania.
Se l’interno della fortezza colpisce per la densità di testimonianze, è altrettanto forte l’immagine che se ne può godere dall’austero Hotel Haus Hainstein, una villa ottocentesca trasformata in albergo e gestita da un’associazione legata alla chiesa evangelista. La città, oltre a Bach, dette i natali a una casa automobilistica che nel secondo dopoguerra prese il nome della fortezza, Wartburg: come la Trabant di Zwickau produceva vetturette autarchiche, prevelantemente destinate al mercato interno della Germania Est. Oggi queste auto sono spesso protagoniste di raduni dallo stile vintage.
Erfurt, un ponte vecchio che ricorda Firenze

Anche Erfurt è fortemente legata a Martin Lutero che qui si laureò in Filosofia e qui prese i voti con gli Agostiniani, prima di scagliarsi con il mercato delle indulgenze e rompere con il Papato. La piazza, dove si affaccia anche la maestosa mole del duomo con la sua solenne scalinata, presenta una quinta di facciate meravigliosamente conservate. Il punto più caratteristico della città è il ponte medievale Krämerbrücke. Ricorda un po’ il Ponte Vecchio di Firenze, perché sopra vi sono state costruite nel tempo tante botteghe artigianali.
Uno spazio privilegiato per i commercianti di un tempo. Erfurt anticamente si trovava lungo una via di pellegrinaggio e una rotta commerciale che si snodavano dall’attuale Belgio alla Russia. La ricchezza della città, sede universitaria (è la terza più antica di Germania), è legata al guado, una pianta che un tempo veniva usata per colorare i tessuti di blu.
Oggi il fiume Gera, con le sue rive lambite da molte aree verdi della città, è il luogo ricreativo più frequentato dalla città. Specialmente dai giovani. La città è stata anche un grande centro di diffusione di cultura ebraica di cui è simbolo oggi la Vecchia Singoga, una delle più importanti di Germania. Nella parte alta della città spicca la Cittadella, mentre un connotato originale è l’Ega Erfurt, spettacolare complesso di serre, giardini e roseti a 5 km dal centro.
La Guerra Fredda, quei 1393 chilometri che ricordano il valore della libertà

Weimar, Erfurt, Eisenach, come altre città della Turingia, durante gli anni della Guerra Fredda hanno vissuto la realtà drammatica della divisione in due della Germania. La regione era rimasta nella parte orientale della Cortina di Ferro, nella DDR, la Repubblica democratica tedesca o Germania Est.
Di quel periodo drammatico, conseguentemente agli accordi di Potsdam del 1949 fra le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, rimangono molte testimonianze. Lungo i 1393 chilometri che dividevano le due Germanie oggi sono sorti ben 48 musei e memoriali dove ancora è ben documentato la barriera militarizzata eretta sul confine dal governo di Berlino Est per impedire altre fughe di cittadini a Ovest. Dal 1961, l’anno in cui a Berlino venne costruito il famoso Muro, anche lungo il confine fra le due Germanie la barriera antifughe divenne sempre più impenetrabile.
Eichsfelfd, un museo sul posto di frontiera che racconta le “vite divise”

Prima si visita la deliziosa cittadina di Duderstad, che sta a Ovest, in Bassa Sassonia, con le sue antiche case a graticcio ben conservate e con una curiosa torre dal tetto ritorto, si dice per un dispetto del diavolo nei confronti delle donne del paese che lo avevano preso a sassate.
Poi si fa rotta sul Museo del Confine di Eichsfeld. Il Grenzlandmuseum è ospitato nell'ex edificio della dogana al valico di frontiera di Duderstadt-Worbis, dove passava il confine fra Turingia e Bassa Sassonia. Inaugurato nel novembre 1995, il museo fa rivivere la storia del confine intra-tedesco e il suo drammatico impatto sulla vita delle persone e sulla natura, con l’obiettivo dichiarato di mantenerne viva la memoria come monito per il futuro.
Qui dal ’61 al ’73 non c’era neppure una frontiera da varcare fra le la Germania federale e la DDR, ma un “muro” fatto di reticolati, sistemi di allarme a bassa tensione, filo spinato, mine di terra e persino un sistema automatico di sparo ad altezza d’uomo ogni tre metri. Alcune parti di questo sistema difensivo sono ancora visibili: tratti di recinzioni, torrette delle guardie di frontiere (i temuti Vopos), la strada di collegamento interna per i militari in servizio.
Nel tentativo di fuggire a Ovest 148 persone persero la vita, ma è una stima per difetto. Fuori dal museo il cuore si distende. Vi passa la Green Belt, la cintura verde creata spontaneamente dalla natura nella ex “striscia della morte”.
La Green Belt, un corridoio verde che va dalla Norvegia alla Turchia

La “Green Belt” è un rigoglioso corridoio verde, largo fra i 50 e i 200 metri che attraversa tutto l’ex confine tra le due Germanie, per 1.393 chilometri. E’ rifugio di innumerevoli specie animali e vegetali rare, costituisce la rete di biotopi più grande del Paese ed è uno dei suoi siti museali open air più importanti, destinazione ideale per chi ama l’outdoor e l’escursionismo a piedi e in bicicletta.
Il suo nome è “Green Belt” ed è nata nel dicembre del 1989 per schiudere nuovi orizzonti dove fino ad appena un mese prima correvano solo i confini drammatici di quella che era conosciuta nel mondo come la Cortina di Ferro.
Il documentario girato nel 1988 dal biologo Heinz Sielmann lungo la Cortina di Ferro presentava la natura rigogliosa e la ricchezza faunistica della “striscia della morte”: questa zona off limits all’ombra di recinzioni e torrette di guardia, disabitata e tenuta sgombra dalla vegetazione alta, era rimasta allo stato naturale per decenni divenendo rifugio di molte specie animali anche in via d’estinzione come l’averla cenerina e il pettirosso, dando vita a un lungo corridoio verde di straordinaria biodiversità lungo il confine che per oltre 40 anni ha diviso la Germania e l’Europa intera in due blocchi contrapposti: un lungo parco verde di 12.500 chilometri di lunghezza dal Mare di Barents in Norvegia al Mar Nero in Turchia, fra praterie, prati umidi, foreste e paludi, per un totale di 40 parchi nazionali (di cui 6 transfrontalieri) e oltre 3.200 riserve naturali.
Lungo l’ex confine delle due Germanie si incontrano 4 Centri informazioni e 48 siti museali e commemorativi.
Qui il percorso della Green Belt si snoda sulla strada di pattugliamento (1.339 km) realizzata con pesanti lastre di cemento forate e battuta dalle guardie di confine dell’ex Repubblica Democratica Tedesca, che correva parallela all’invalicabile recinzione metallica esterna. Strada facendo si incontrano tratti di barriere e fortificazioni conservati o restaurati: la recinzione esterna era costruita con robusti pannelli a rete in lamiera stirata dalle maglie piccole e taglienti, che si estendevano per 1.265 chilometri, con fossati antiveicolo a V, zone illuminate a giorno, 473 bunker e 578 torrette di osservazione, oltre a caserme e altre strutture militari utilizzate dalle circa 55mila guardie di confine.
La Rhön, il parco con il cielo più pulito. A Point Alpha tracce di DDR

La Rhön è una regione di grande pregio naturalistico dove si incrociano i confini di Turingia, Assia e Baviera. I suoi paesaggi sono iconici. La regione è riconosciuta come "parco naturale" e "riserva della biosfera Unesco. Fino al 1989 la Cortina di Ferro la divideva in due parti. Di quel periodo cupo resta Point Alpha, uno dei punti più pericolosi del confine visto che si tratta dalla parte di ex DDR più verso Ovest.
Il luogo da cui poteva partire un eventuale attacco: questo era almeno il pensiero dalla parte occidentale. Qui a pochi metri si fronteggiavano le torrette di controllo dei militari americani e sovietici: Nato e Patto di Varsavia furono a lungo pericolosamente a contatto di sguardi.
Oggi ospita mostre permanenti dagli allestimenti interattivi sulla divisione delle due Germanie e sulla storia della Cortina di Ferro e delle sue vittime, sulle procedure militari e sulla vita dei civili nella zona di confine. Con due sezioni all’aperto: un percorso pedonale di 400 metri lungo un tratto di barriera in filo spinato con ostacoli in cemento, appositamente restaurato, e l’ex base militare delle truppe americane con la torre da cui guardare negli occhi il “nemico”.
Nei pressi dell’ex linea di confine c’è una tranquilla area camper, dove si può passare la notte in assoluta assenza di inquinamento luminoso. E questa è una prerogativa di tutta la regione della Rhön, autentico paradiso per gli astrofili.
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