«In sette in una casa di 60 mq e le mance rubate dalla titolare, vi racconto le mie stagioni da incubo»

Peter Gallizia, 62 anni, di Pordenone, ha trascorso due estati a Lignano, come cameriere e come gelataio. «Esperienze bruttissime, sono stato trattato con disprezzo e umiliazione»

Edoardo Di Salvo
Peter Gallizia, 62 anni, una vita come stagionale
Peter Gallizia, 62 anni, una vita come stagionale

«Vivevamo in sette, in 60 metri quadri. Con un bagno». Questa la sistemazione, se si può definire tale, che il titolare di un ristorante di Lignano ha messo a disposizione a Peter Gallizia, 62 anni, una vita da “nomade” stagionale.

Nato a Pordenone, fin da giovane ha lavorato nel mondo della gastronomia, al banco, in cucina o come cameriere. In Italia ha avuto esperienze spesso negative, tra sfruttamento, umiliazioni e poca trasparenza contrattuale. In Germania e Austria, dove più volte si è trasferito saltuariamente, è andata un po’ meglio: «Sono contesti diversi, c’è più attenzione ai lavoratori».

Ma è proprio a Lignano che Peter si è trovato immerso nei ricordi peggiori. «Sono stato lì per due stagioni, la prima nel 2015 e la seconda qualche anno dopo. Ho lavorato al banco in una gelateria e come cameriere in un ristorante. Due esperienze bruttissime, mi sono sentito trattato con disprezzo e umiliazione».

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Già perché nel suo caso quello economico è l’ultimo di problemi. «Il punto chiave non è lo stipendio, ma le ore di lavoro, il rapporto con i colleghi. La titolare della gelateria rubava le mance che ci venivano lasciate, mentre nel ristorante il problema era l’alloggio messo a disposizione...». Una sistemazione disumana, che Peter è stato costretto a lasciare dopo poche ore. «Eravamo in sette in un appartamento di 60 metri quadrati, con solo un bagno a disposizione. Una situazione di disagio abitativo e di pulizia. Dopo due giorni me ne sono andato».

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Il tutto condito da orari di lavoro sfiancanti e straordinari che finivano per perdere il suffisso. «In gelateria mi capitava di frequente di dover coprire l’intera apertura al pubblico. Parliamo anche di turni da 11 ore, dalle 10 del mattino fino alle 9 di sera». Per non parlare del lavoro nero, una piaga diffusa e che a volte viene praticata anche tenendo all’oscuro l’interessato. «Tempo fa mi è capitato di fare la stagione come portiere notturno in un albergo di Piancavallo: mi è stato proposto un contratto, io ho iniziato e solo dopo due settimane mi sono accorto che non era stato registrato». 

Nonostante le difficoltà e le brutte esperienze, per Peter il suo lavoro continua a significare molto, per lui è quasi una missione. «Ho un motto – spiega. – “Vendere un caffè è come regalare un sorriso”. Questa frase l’ho inserita anche in testa al mio curriculum». 

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