Chiara uccisa da una statuetta a Napoli. A lanciarla fu un ragazzino, genitori indagati
L’inchiesta sulla morte della 30enne di Padova il 15 settembre scorso in centro a Napoli. Il ragazzino è non imputabile perché ha meno di 14 anni, la coppia accusata di omessa custodia. I vicini avevano segnalato altri precedenti lanci di oggetti. Il padre di Chiara: «Primo spiraglio di verità»

Dopo nove mesi è stata chiusa dalla Procura per i minorenni di Napoli l’indagine sui due figli della coppia residente nei Quartieri Spagnoli, ritenuti da subito coinvolti nella tragedia del 15 settembre scorso, quando una statua lanciata da un balcone ha colpito mortalmente Chiara Jaconis.
La giovane, 30 anni, originaria di Padova, si trovava in città con il compagno per una breve vacanza. Quel pomeriggio, mentre camminava con lui diretta all’aeroporto, è stata centrata alla testa da un frammento di pietra precipitato dall’alto. Si è spenta due giorni dopo, il 17 settembre, nel reparto di Rianimazione dell’Ospedale del Mare.
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, a compiere il gesto sarebbe stato il più piccolo dei due fratelli, ritenuto però non imputabile sia per l’età — inferiore ai 14 anni — sia per una condizione di fragilità (che per ragioni di riservatezza non precisiamo, ndr). Per il fratello maggiore, invece, la posizione è stata ufficialmente stralciata: gli inquirenti lo hanno ritenuto del tutto estraneo ai fatti.
«Siamo ancora scossi, ma questa è la prima volta che vediamo uno spiraglio di verità sulla morte di Chiara», ha commentato Gianfranco Jaconis, il padre di Chiara «ma siamo ancora lontani dall’avere giustizia».
Indagine serrata
Determinanti, nella ricostruzione investigativa, le testimonianze dei vicini di casa, che avevano più volte segnalato comportamenti analoghi da parte del bambino già prima della tragedia: lanci di oggetti dal terrazzino del terzo piano, lo stesso da cui sarebbe precipitata la statua.

Più volte, hanno accertato gli inquirenti, la madre avrebbe cercato di impedire l’accesso al balcone, ostruendolo con divani, biciclette e perfino chiudendo le finestre con un chiavistello posizionato ad un’altezza elevata. Un tentativo evidente — secondo la Procura partenopea — di contenere un comportamento già noto e potenzialmente pericoloso.
Accertamenti delle responsabilità
L’archiviazione per i minori è strumentale per procedere con le indagini sui genitori. Definita la «non imputabilità» dei bambini la Procura ordinaria può ora proseguire con le accuse alla coppia per omessa custodia e vigilanza. Un’accusa mossa dall’ipotesi che non abbiano adottato misure sufficienti per prevenire il gesto del figlio.
I primi sospetti erano emersi già nelle ore successive all’incidente. Gli agenti della Squadra mobile della Questura di Napoli avevano individuato rapidamente l’edificio da cui poteva essere caduto l’oggetto. Le immagini di videosorveglianza acquisite, però, non inquadravano i piani alti, limitandosi a mostrare il momento in cui la ragazza si accascia al suolo. A orientare le indagini è stato un dettaglio tecnico: l’impatto della statua contro una ringhiera metallica al secondo piano. La collisione ha frammentato l’oggetto in più pezzi, uno dei quali — il più grande, su tredici identificati — ha colpito Chiara alla testa.
Analisi di laboratorio
Le analisi successive hanno permesso di risalire alla traiettoria dell’oggetto e di escludere che potesse provenire dai piani inferiori, lasciando aperta solo la pista del terzo e ultimo piano.
La perizia tridimensionale sull’oggetto ha permesso di ricostruirne l’aspetto originario: un busto in pietra raffigurante la regina Nefertiti, probabilmente un souvenir egiziano di produzione commerciale.
Indagati i genitori
I genitori dei due bambini, interrogati più volte, hanno sempre dichiarato di non riconoscere la statua e di non averne mai possedute di simili in casa. Una linea difensiva che però non ha impedito alla Procura di ipotizzare responsabilità indirette, legate alla condotta omissiva. Ulteriori accertamenti patrimoniali e ambientali sono in corso per verificare l’effettivo livello di consapevolezza e controllo esercitato dai due adulti all’interno dell’abitazione.
Una tragedia che ha avuto una eco nazionale, spingendo lo stesso sindaco Gaetano Manfredi a chiedere «giustizia per Chiara». Dopo mesi di delicate indagini questo è un primo passo verso la definizione delle responsabilità nella vicenda.
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