Chapeau al Tour de France con l’omaggio a Bottecchia
Il direttore Christian Prudhomme del Tour a Colle Umberto in Veneto a cento anni dalla prima vittoria del campione. Cassani: «Partenza da Firenze evento epocale, provateci anche voi»

«Il Tour è magia. È storia, fatica, bellezza. E quando arrivi a Parigi, vedi la Torre Eiffel e canti la canzoncina dei Campi Elisi tu, ciclista, ti senti in paradiso. E la fatica si trasforma in grande orgoglio». Sabato a Firenze per la prima volta nella storia il Tour de France partirà dall’Italia. Lo farà in quattro tappe per omaggiare un paese che ha esaltato il ciclismo e la Grande Boucle con Coppi, Bartali, Pantani e, primo a trovare gloria oltralpe cent’anni fa, Ottavio Bottecchia.
Per questo oggi lunedì 24 giugno, cosa meravigliosa, a San Martino Colle Umberto, paese natale del due volte vincitore del Tour nel 1924 e 1925 arriverà Christian Prudhomme, il numero uno del terzo avvenimento sportivo più importante al mondo.
Con lui ci sarà Davide Cassani, ex gregario con la vittoria in canna, ex ct azzurro, commentatore tv, una sorta di “divulgatore ciclistico”. Anche direttore dell’Azienda di promozione turistica dell’Emilia Romagna. Se il Tour partirà dall’Italia è molto merito suo.
Cassani, lei dice che il Tour è magia, fatica, bellezza. Abbiamo un ricordo di un Tour di 31 anni fa. Noi incollati alla tv, lei che transita primo sul Vars in maglia a pois...
«Si, peccato che poi in quella tappa arrivai ultimo. Facevo fatica al Tour, vero ne ho vinto uno nel 1987 con Roche, ho vinto tre cronosquadre con Carrera, Ariostea ed MgTechogym ma perché mi trainavano gli altri. Io faticavo, faticavo e faticavo. Ma il ds Ferretti in Francia mi portava sempre perché uscivo da quella corsa massacrante e poi volavo nelle classiche italiane garantendogli vittorie utili al bilancio della squadra».
Il ricordo più bello?
«L’arrivo ai Campi Elisi».
La montagna più bella?
«(Sorride ndr) I campi Elisi».
La vittoria più bella?
«Io e De Zan al microfono e Pantani che attacca sul Galibier, il tutto in mezzo al terrificante caso Festina. E qualche giorno dopo a Parigi indossa la maglia gialla con accanto Felice Gimondi, il mio idolo da ragazzino, l’unico idolo che abbia mai avuto».
Eppure quando iniziò la discesa all’inferno in Francia Pantani non lo volevano.
«Ma quando hanno visto che proponevamo loro di far partire la seconda tappa da Cesenatico gli organizzatori del Tour sono stati entusiasti. Marco ha fatto grande quella corsa, è stato l’ultimo a fare la doppietta. Quest’anno ci proverà un gigante come Pogacar, ma sono passati 26 anni da quella grande impresa».
E se le dico Courchevel cosa le viene in mente?
«L’ultima vittoria di Pantani, quando volle a tutti i costi staccare Armstrong che l’aveva fatto vincere al Mont Ventoux. Quella tappa di Courchevel è stata la corsa ciclistica più vista al mondo. E per questo l’Emilia Romagna non poteva pensare a Cesenatico, lo dovevamo al Pirata. E, ripeto, quando abbiamo proposto al Tour la partenza di Cesenatico la pensavano esattamente come noi».
Perché è importante la partenza della Grande Boucle dall’Italia?
«Perché è la corsa più importante al mondo. Siamo il paese della grande bellezza e della storia del ciclismo. A fronte di un investimento di poco superiore ai 10 milioni di euro si stima un ritorno di oltre 50 milioni. Per una settimana tutte le telecamere del mondo saranno rivolte verso di noi. E vedere che uno squadrone come la Visma, quello di Vingegaard e Van Aert, ha omaggiato il Rinascimento italiano con una maglia speciale che indosserà al Tourmi riempie di orgoglio».
Cassani, quando se n’è reso conto davvero?
«Passo da giorni nei miei luoghi del cuore, sulle mi strrade vicino a Faenza e penso che qui il 30 giugno passerà il Tour de France e non ci credo ancora».
Lei dopo 10 anni tornerà a raccontare la corsa in tv sulle reti Rai. Che Tour sarà?
«Bellissimo. Vingegaard alla fine ci sarà, vedremo come avrà recuperato dopo la brutta caduta al Giro dei Paesi Baschi. Cercherà di beccare in fallo Pogacar che andrà a caccia della doppietta. Ma, attenzione, Pogacar credo non sia mai andato così forte come quest’anno. Avete visto come ha dominato il Giro? Ha recuperato in altura a Isola 2000, è motivato, la sua Uae porta a Firenze una super squadra».
Sarà una lotta a due?
«No, ci sono altre squadre forti. Penso alla Bora Hansgrohe con uno come Primoz Roglic sostenuto da due grandi corridori come Hindley e Vlasov o al team Ineos che ripresenterà Bernal, uno che il Tour l’ha vinto e che cercherà di mettersi definitivamente alle spalle la bruttissima caduta in Colombia di due anni fa».
Lei nel 2014 iniziò la sua stagione da commissario tecnico gustandosi il trionfo sui Campi Elisi di Vincenzo Nibali. Sembra passato un secolo.
«È vero, Vincenzo dieci anni fa fu straordinario. E vi dico una cosa: man mano che le stagioni passano e più quella straordinaria vittoria aumenta d’importanza. E lo capiremo meglio tra ancora altri anni. Nibali fece un’impresa. Peccato che, in generale, a tutte le vittorie dello Squalo non venga dato il peso che meritano nella storia del ciclismo italiano».
Che fa sempre fatica. Negli anni ’90, quando c’era anche lei al Tour, gli italiani erano tantissimi, ora si contano sulle dita di una mano.
«Facciamo fatica, è vero, ma torneremo. Ora speriamo in Giulio Ciccone e nel neotricolore Alberto Bettiol. In futuro al Tour tornerà Filippo Ganna e debutterà un velocista come Jonathan Milan, che anche negli sprint della Grande Boucle potrà lasciare il segno».
Cassani, stamattina sarà a San Martino Colle Umberto col direttore del Tour.
«E non è una cosa casuale. Bottecchia, un mito, uno che ha fatto la storia del ciclismo e ha fatto grande l’Italia in Francia, è nel cuore del Tour. Quando da San Martino Colle Umberto mi è arrivata la richiesta di poter avere ospite il direttore del Tour, subito c’è stata la voglia di Proudhomme di onorare la prima maglia gialla italiana».
Cassani, qualche anno fa anche il Veneto sognò di ospitare la partenza del Tour: è un sogno ancora realizzabile?
«Certo. Noi abbiamo aperto la strada, se ci sono progetto ambiziosi e unità d’intenti certo che si può. E onorare Bottecchia così sarebbe bellissimo». —
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