Urologia al San Camillo di Treviso: dieci pazienti con complicazioni, dossier all'Usl

Treviso. Dossier al direttore generale dell'Usl Francesco Benazzi: dieci pazienti tornati al Ca’ Foncello a seguito di complicazioni post operatorie. Due casi «rilevanti»
Agostini agenzia foto film Treviso inaugurazione nuova ala ospedale san camillo
Agostini agenzia foto film Treviso inaugurazione nuova ala ospedale san camillo

TREVISO. C’è un piccolo dossier che scotta, ai piani alti del Ca’ Foncello e sul tavolo del direttore generale Francesco Benazzi. Un piccolo faldone che raccoglie la documentazione di una decina di casi di pazienti operati nel reparto di Urologia del San Camillo negli ultimi mesi, perlopiù di prostatectomia, in regime di convenzione. Pazienti che hanno poi avuto successivamente problemi tali e complicazioni da dover ricorrere nuovamente alla cure del Ca ’ Foncello.

Due casi, in particolare, avrebbero presentato conseguenze piuttosto serie – si parla di un residente in un comune dell’hinterland e di un cittadino straniero residente da anni in Italia – altri con vesciche perforate e patologie che hanno richiesto un secondo intervento «riparatore» dell’équipe del reparto di Urologia di Ca’ Foncello, diretto da Luigino Maccatrozzo, reparto che pure dispone del modernissimo robot «Da Vinci».

La frequenza di questi casi, e la serietà di quelli più rilevanti non è passata inosservata ai medici del reparto dell’ospedale, al di là del fatto che il San Camillo non dispone di reparti di urgenza. Ed è scattata la segnalazione ai vertici dell’Usl 2.

In una recente assemblea con il personale sarebbe stato lo stesso primario Maccatrozzo a chiedere al direttore generale Francesco Benazzi, davanti ai colleghi, di «avviare procedure di controllo sulla qualità della prestazioni erogate dalle strutture convenzionate», senza comunque fare riferimenti espliciti. E nella sua risposta immediata, il direttore generale ha assicurato che la procedura scatta ogni qualvolta se ne presentino gli estremi.

Nelle scorse settimane, alla fine è scattato l’iter previsto in questo casi, con la convocazione del Nac, il nucleo aziendale di controllo.

«Ci è stata fatta una segnalazione, ci siamo mossi immediatamente avviando la procedura prevista», dice Benazzi, «Non solo: verrà avviato anche un confronto con i vertici della casa di cura San Camillo. Tutto deve passare per un rigoroso accertamento di quanto è avvenuto, alla luce anche dell’entità delle patologie registrate, della loro frequenza. Ogni caso andrà valutato attentamente in tutti i suoi aspetti».

E di più Benazzi non dice. L’impressione è che si profila cruciale il confronto con il San Camillo (nemmeno il primo di questi tempi, visto il recente caso Ircss, ovvero la rinuncia della casa di cura delle camilliane a completare il percorso per diventare istituto di ricerca).

La questione degli interventi di Urologia effettuati al San Camillo - il reparto è diretto dal dottor Flavio Forte – è di estrema delicatezza. Tanto più che i pazienti sono stati inviati alla struttura convenzionata dall’Uls 2, non essendosi rivolti in primis alla casa di viale Vittorio Veneto gestita dalle camilliane, ma agli sportelli della struttura pubblica, che li ha poi dirottati al San Camillo.

Facile capire come il riserbo sia massimo, dentro e fuori l’ospedale. Ma c’è chi fa osservare come il caso sia deflagrato quasi contemporaneamente al confronto tra Usl 2 e San Camillo sulle quote di interventi da dirottare in futuro nella struttura convenzionata.

I vertici del San Camlllo avrebbero infatti chiesto all’Usl 2 una quota molto alta di interventi, con inusuali criteri di selettività, e non certo al rialzo. Richiesta quantomeno senza precedenti: e la cosa, nel reparto di Urologia, non sarebbe stata vista di buon occhio, primario Maccatrozzo in testa.

Certo l’obiettivo resta quello di abbattere i tempi di attesa – frontiera in cui le strutture convenzionate anche nel nostro territorio hanno un ruolo decisivo – ma la partita è innanzitutto medica, senza dimenticare i risvolti economica. E soprattutto investe la stessa convenzione fra Regione e casa di cura cittadina.


 

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