Treviso, non pagò 700 mila euro di Iva: Mattarollo assolto per la crisi

Ha dimostrato di aver rateizzato il debito con Equitalia, non saltando una rata. Revocati i sequestri preventivi di un terreno e due negozi in via Canova a Treviso

TREVISO. Vittima della crisi economica non era più nelle condizioni di pagare l’Iva. È in sostanza questa la motivazione con la quale ieri il tribunale di Treviso ha assolto Paolo Mattarollo dall’accusa di non aver pagato 700 mila euro di Iva nel 2010. L’uomo, difeso dall’avvocato Piero Barolo, si era giustificando affermando proprio di essere stato vittima della crisi economica e di aver successivamente rateizzato il debito con Equitalia, non saltando neanche una rata versando regolarmente rate da 10 mila euro mensili dino a dicembre 2016 quando,a quella data, la rateizzazione è stata sospesa perché approfittando dell’opportunità offerta dalle normative, Mattarollo ha chiesto di rottamare la cartella esattoriale.

Le accuse

Il titolare del gruppo di concessionarie trevigiane, secondo la procura, non aveva versato 700 mila euro di Iva. Il gruppo, titolare dei marchi Audi, Volkswagen e Peugeot, che ha la sede principale in via Roma a Villorba, aveva avuto anche qualche difficoltà con le banche. Da quanto emerso nel corso del dibattimento, i problemi della società sarebbero sorti con il marchio Audi e con un progetto di apertura di una nuova filiale. Situazione che, avrebbe provocato prima i problemi di liquidità e successivamente l’evasione dell’Iva.

Gli accertamenti

Dopo l’accertamento, dalla procura insieme alla denuncia per evasione fiscale, era partita la richiesta di sequestro preventivo di un terreno e due negozi in via Canova a Treviso, di proprietà della società. Sequestro preventivo che ora è stato revocato così che Mattarollo ha potuto rientrare nel pieno possesso dei beni. La vicenda penale è proseguita, portando alla sbarra Mattarollo quale amministratore della società. Ma l’imprenditore ha sempre respinto le accuse e ora il tribunale gli ha dato ragione.

I precedenti

Diversi mesi fa, sempre in tribunale a Treviso, era già successo un fatto analogo. In quella occasione pur di assicurare lo stipedio ai dipendenti l’imprenditore aveva scelto di non pagare l'Iva e per questo era stato assolto in tribunale. All'uomo era contestato il mancato versamento di ben 911mila euro di Iva per l'anno 2013, quando l'azienda, poi fallita nel dicembre 2014, si trovava in gravi difficoltà finanziarie. Secondo i magistrati l’azienda a Mobil record “non ha voluto evadere l'imposta, ma ha dovuto farlo perché non c'era più un euro in cassa”.

L’imprenditore era riuscito a dimostrare che aveva preferito impiegare la liquidità rimasta per pagare gli stipendi dei dipendenti piuttosto che risolvere i conti con il Fisco. A consultare la sentenza di secondo grado infatti si apprende che “ha prevalso la linea giurisprudenziale secondo cui nelle aziende in grave crisi di liquidità viene meno il dolo”.

Non si trattava comunque del primo caso del genere. Ad Arezzo il giudice aveva assolto un imprenditore attivo nel ramo degli infissi che non aveva pagato settecentomila euro di imposta sul valore aggiunto pur di assicurare lo stipendio ai propri dipendenti. A marzo del 2015 invece era stata la volta del legale rappresentante di una cooperativa siciliana, ritenuto non punibile per il mancato pagamento di 850mila euro per “cause di forza maggiore”.

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