Treviso, mamma filma la figlia che fa sesso poi spedisce il video a un pedofilo

TREVISO. Gettata nella rete di un pedofilo dalla persona che più di tutte dovrebbe difenderla. È il dramma vissuto da una minorenne – tredicenne all’epoca dei fatti – indotta a masturbarsi e a farsi filmare dalla madre. È stato il padre a trovare i video sul pc, e a denunciare la moglie con otto mesi di ritardo.
Ieri l’uomo è stato ascoltato in aula dai giudici Michele Vitale, Umberto Donà e Alberto Fraccalvieri nel processo a carico della donna imputata per produzione e diffusione di materiale pedopornografico. Il dramma della famiglia di un Comune del Coneglianese scoppia nel 2012.
LA TESTIMONIANZA. L’uomo a settembre trova sul pc due video pornografici della compagna. «Pensavo mi tradisse», ha raccontato in aula, «ho controllato nel pc e ho trovato i video. In uno di questi si vedeva mia figlia che si masturbava, con la mamma che le spiegava come fare». Un video girato durante la vacanza della moglie con la figlia in Croazia poche settimane prima. Nell’altro la compagna viene ripresa durante una scena di sesso orale con un altro uomo.
«Ho chiesto a mia moglie perché lo avesse fatto, mi ha risposto solo che doveva farlo», ha aggiunto l’uomo. Il materiale pornografico è stato poi inviato a un uomo di Napoli nel cui computer la polizia postale ha trovato decine di foto e video pedopornografici. Sarebbe stata la madre stessa a inviare i video pronto via chat. Fatti che però restano chiusi all’interno del nucleo familiare per mesi.
L’uomo ne parla solo alla suocera, ma il dramma non esce da lì. Non vengono coinvolti nemmeno i servizi sociali del Comune di residenza, che pure già seguivano la ragazza per alcuni problemi comportamentali. Proprio i servizi sociali avrebbero notato un cambio di comportamento nel mese di settembre 2012.
IL RUOLO DEL COMUNE. «La ragazzina era solitamente apatica, molto timida. Invece era diventata improvvisamente aggressiva», ha detto ieri in aula l’assessore al sociale del Comune di residenza. Un comportamento però rimasto oscuro per i servizi sociali, che non erano a conoscenza dei video girati in Croazia. Tutto diventa più chiaro quando a giugno del 2013 il papà decide di vuotare il sacco chiedendo aiuto all’assessore al sociale.
«Mi ha chiesto un incontro, siamo andati al bar davanti al municipio per un caffè. Quando ho capito che il tema era molto delicato però l’ho invitato a venire in sala giunta», ha detto l’assessore in aula. Ma l’uomo non si è limitato a raccontare ciò che aveva visto. «Si è presentato con un tablet e mi ha fatto vedere i video, sono rimasto sconvolto sia per il contenuto sia per la superficialità con cui mi ha mostrato due video hard con moglie e figlia».
È stato l’assessore a convincere l’uomo a presentare denuncia. «Ho chiamato io stesso i carabinieri durante quell’incontro per spiegare l’accaduto, e il comandante mi disse di portare in caserma l’uomo per presentare denuncia il giorno successivo».
LA DENUNCIA.La denuncia ha fatto scattare l’indagine condotta dalla polizia postale e coordinata dal pubblico ministero Patrizia Ciccarese della procura distrettuale di Venezia, competente per questo tipo di reati. Un’indagine che portato a individuare l’uomo a cui erano stati mandati i video, nel suo pc è stato trovato altro materiale pedopornografico.
Per la ragazza, ora ventenne, un lungo percorso di recupero attraverso comunità e famiglia che l’hanno presa in affidamento; senza la mamma – che verrà ascoltata nella prossima udienza - e il papà a cui è stata tolta la potestà genitoriale. Un percorso avviato con i servizi sociali del Comune che si è costituito parte civile, rappresentato dall’avvocato Aloma Piazza.
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