Terremoto Pinarello lascia il nuovo ad Thun si era insediato soltanto tre mesi fa

«Questioni personali». Fausto, il presidente: «Si va avanti» Ma resta il ritardo dell’azienda rispetto al piano industriale

Era stato nominato ai primi di aprile in pieno lockdown, a sancire una svolta alla Pinarello, azienda leader nel mondo ma rimasta fino al 2017 nei perimetri familiari, e poi nelle mani del solo Fausto, dopo il riassetto non indolore fra gli eredi di Nani.

Ma Uberto Thun Hohenstein, ex Pirelli, vasta esperienza e nobile lignaggio, è durato solo tre mesi. Ha lasciato l’incarico di amministratore delegato, rimettendo di fatto il mandato che il fondo L Catterton, detentore della maggioranza societaria dopo che l’azienda trevigiana è entrata nella galassia del lusso Lvhm (Louis Vuitton Moet GHennessy) gli aveva dato in primavera.

Tempistiche, modalità più che inedite, copione choc. Ufficialmente, si parla di motivi personali. «Non ho dichiarazione da fare», dice cortesemente Thun-Hohenstein, raggiunto a Milano.

Qualcosa dice, Fausto Pinarello: «Non sempre si realizzano i piani, in ogni caso si va avanti, a breve rafforzeremo il settore tecnico con un innesto di altissimo profilo». E pensare che Uberto era un «grande amico», «appassionato di biciclette» (parole di Fausto), e «cliente affezionato e storico della Pinarello» (parole di Uberto). Tutto solo tre mesi fa.

Cos’è accaduto, ai piani alti della rinnovatissima azienda di Fontane? Quella che vende ogni anno 10 mila Dogma, le Ferrari della pedivella, due quinti delle 25 mila bici smerciate ogni 12 mesi? Le strategie, ma qualcuno dice anche l’impianto culturale del ticket Fausto Pinarello executive president e Uberto Thun ad, non si sintonizzavano. Non sarebbe nemmeno il primo caso di brand familiare figlio del Nordest e del suo boom che fatica nell’intraprendere una mutazione in chiave marcatamente manageriale e global.

Le visione storica di Fausto - 42 anni di lavoro in azienda- e quella di Thun, proiettato ancora di p iù sulla globalizzazione del brand non si sarebbero amalgamate, e l’ad ha preferito lasciare.

Un’«integrazione» – cosi la definì Fausto all’insediamento – mai decollata davvero fra Milano e Treviso. E pensare che Thun intravedeva «grandi opportunità di crescita in ogni mercato e l’incremento del posizionamento in segmenti crescenti», e si diceva «orgoglioso e fortunato» per l’incarico.

Resta dunque incompiuta l’accelerazione dello sviluppo della Pinarello, fondata nel 1949. Non è un mistero che il fondo L Catterton chiedesse (molto) di più all’azienda, visto il coraggioso piano industriale: nel 2022 si puntava a 96,3 milioni di fatturato ( tasso di crescita: +13% annuo), e a un ebitda a 18,3 milioni. Ma l’ultimo consolidato dava ricavi a 60,7 milioni e un ebitda di soli 6. Non le cifre sperate, e si era prima del Covid. Fattori che hanno indotto l’azienda, fra l’altro, a non sponsorizzare quest’anno il Giro d’Italia.

La bici Pinarello dev’essere ancora lanciata alla sua piena velocità. Dopo tante star del pedale che le sono montate in sella, portandola al top planetario, si cerca un campione dei conti anche a Fontane. —



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