Sunia: un osservatorio sui morosi dell’Ater

Gava: «Punire i furbi, ma Comune e azienda limitino i disagi sociali. Case popolari, addio ceto medio»
PASSERINI TREVISO IL BISCIONE E QUARTIERE SAN PAOLO AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM
PASSERINI TREVISO IL BISCIONE E QUARTIERE SAN PAOLO AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM
«Siamo da sempre per il rispetto delle regole, che l’Ater voglia cominciare riscuotere gli arretrati non può che trovarci d’accordo: i furbetti devono essere smascherati e pagare».


Il Sunia, sindacato degli inquilini, prende posizione sul piano Ater che punta a recuperare , in tutto in gran parte, i 2 milioni di euro di arretrati e di spese condominiali che sono «maturati» negli ultimi anni, anche dopo la presunta fine della crisi. Sarebbero 500 le famiglie morose, con molti casi di importi lievi, ma altri molto rilevanti. E spiccano i 50 mila euro di spese condominiali non pagate al Biscione.


Ma anche su questo punto il sindacato rilancia, senza remora: «Diciamo anche di più; se si scoprisse che ci sono famiglie che non n hanno più i requisiti per occupare le case popolari, « aggiunge la segretaria provinciale Alessandra Gava, «sarebbe assolutamente necessario che lasciassero gli alloggi in modo da permettere a chi ne abbia realmente diritto di subentrare».


Detto questo, il Sunia rileva comunque come la morosità della case popolari sia in linea con altre aziende regionali, perché «l’8-10% di inquilini morosi è pressoché fisiologico».


Ma Gava allarga anche lo sguardo: «Se non c’è dubbio che questi inquilini vadano richiamati ai loro doversi, vanno fatte anche due riflessioni non estranee a quanto sta accadendo», rileva, « i canoni di di affitto per legge sono calcolati sulla base del reddito, gli inquilini hanno diritto, se si abbassano gli introiti, a un ricalcolo del canone mensile. E poi la fatto che le spese di condominio, certo non calmierabili, sono quelle che mettono a rischio le famiglie».


Il Sunia rilancia «l’osservatorio permanente sulla casa» anche a Treviso e provincia», sul modello di quanto avviene a Milano, Bologna e in altre città. »Comuni, Ater, parti sociali. si confrontano e cercano insieme di dare risposte adeguate per dare un accusa a chi ha bisogno», spiega Gava, «e nel contempo evitare situazioni di morosità e di disagi».


E su questo fronte, Gava invita «i comuni, a cominciare da Treviso, ad intervenire coordinando la propria azione con Ater, anche in merito alle assegnazioni, vi è una stringente necessità di sinergia e dialogo fra i due principali proprietari di alloggi pubblici nella Marca».


Infine, il Sunia rammenta l’evoluzione di quello che continua a chiamarsi «case popolari», da 60 anni, ma che è mutato profondamente: «Attenzione, si continua a dire “case popolari”, c’è chi ancora pensa siano quella di mezzo secolo fa, dove abitava il ceto medio, con lavoro e reddito, oltre ai casi più disagiati», conclude Gava, «c’è stata un’evoluzione radicale, sempre più gli alloggi popolari servono a fronteggiare casi di disagio sociale e di povertà: sono situazioni e contesti distanti anni luce, e non comparabili, se ne prenda atto una volta per tutte»


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