«Solo una baruffa degenerata» Fiabane respinge ogni accusa

L’imprenditore pievigino, interrogato dal gip, ha negato la volontà di uccidere  «Non ho un taser e non avrei avuto interesse a eliminare chi mi deve soldi»
barbieri agenzia fotofilm treviso tribunale interogattorio carabinere arrestato
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Nessun rapporto d’affari in comune con Achille Salerno, nessuna volontà di ucciderlo anche perché non avrebbe più rivisto i soldi che gli erano dovuti, soltanto un’accesa discussione sfociata in una violenta lite, dovuta anche all’esasperazione per una situazione ormai intollerabile.

Si è difeso così ieri mattina, davanti al gip, Antonio Fiabane, l’imprenditore pievigino di 51 anni che da qualche giorno si trova in carcere a Santa Bona con l'accusa di tentato omicidio nei confronti di Achille Salerno, 56 anni, consulente finanziario di Tremoli ma da diversi anni residente a Vasto in provincia di Chieti. Per un’ora e mezza, Fiabane (assistito dall’avvocato Giovanni Zanotto) si è difeso in modo accorato, forte della suo status di persona incensurata e dal passato cristallino. Fiabane ha ricostruito passo dopo passo il rapporto con Salerno spiegando al giudice come non fosse assolutamente possibile attribuirgli un’accusa così pesante che lo ha portato dietro alle sbarre di Santa Bona.

Fiabane ha innanzitutto spiegato al gip Gianluigi Zulian di non aver mai avuto rapporti d’affari in materia di computer con Salerno. L’imprenditore pievigino, che nel 2017 ha venduto la sua fazenda di noci di cocco in Brasile, ha spiegato di aver conosciuto il consulente finanziario di Tremoli grazie ad un direttore di una banca brasiliana, allorquando s’era presentato il problema di trasferire in Italia il denaro (qualche centinaio di migliaia di euro) ricavato dalla vendita della sua fazenda. Un iter complesso nel paese sudamericano dove è difficile trasferire capitale all’estero. E così si era rivolto a Salerno, che gli avrebbe assicurato di essere in grado di farlo. Il tutto, sia chiaro, alla luce del sole con contratto preliminare e definitivo.

Ma dopo aver trasferito con successo una prima somma in Italia, al termine dell’atto preliminare, gli altri soldi, una somma molto più consistente, trasferiti da bonifico a bonifico in Brasile, non sarebbero più arrivati. Dal 2017 ad oggi non ne avrebbe visto nemmeno l’ombra. Ogni volta che Fiabane avrebbe chiamato o telefonato a Salerno, l’imprenditore pievigino veniva puntualmente rassicurato, salvo poi non vedere più alcun soldo. Nel corso dell’ultimo incontro, Fiabane, esasperato, avrebbe sollecitato Salerno a dargli i soldi. La discussione, piuttosto accesa, secondo la ricostruzione del pievigino, sarebbe degenerata in lite violenta nel corso della quale, però, non avrebbe in alcun modo usato un taser. «Come avrei potuto uccidere un a persona», ha detto Fiabane in modo accorato al gip Zulian «se da questa aspetto i soldi? Anch’io ho riportato ferite e fratture. Ma nessuna volontà di ucciderlo».

Ora l’imprenditore attende la decisione del gip sulla richiesta di scarcerazione presentata dal suo legale. —



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