Da Montebelluna all’Uganda per salvare i bambini disabili: la storia di Silvia Marcolin
Silvia Marcolin, 32enne di Montebelluna, ha lasciato l’Italia per dedicare la vita ai bambini disabili in Uganda con la sua Ong Effatà. In cinque anni ha attivato progetti di solidarietà, dando accesso scolastico a 905 bambini e costruendo una casa-famiglia

Per far cambiare il mondo «non affidiamoci ai potenti della Terra, ma a noi stessi». Silvia Marcolin, 32 anni, ha mollato la sua San Gaetano e da cinque anni vive in Uganda dove con la sua Ong Effatà ha avviato un progetto per la costruzione di una casa-famiglia e per aiutare i bambini disabili.
La sua forza è il grande amore verso i più deboli. La sua missione è salvare i bambini disabili. Fa affidamento su sé stessa e sui suoi sostenitori che aiutano economicamente, ormai da ogni parte del mondo, l’organizzazione. Ma il tam tam sui social non basta. Il cantiere per la casa è già avviato ed entro a fine dell’anno, budget permettendo, dovrebbero concludersi i lavori.
A breve verranno montati i pannelli solari ma i soldi delle donazioni non bastano perché «c’è ancora tanto da fare», ammette la giovane. Intanto lei vive in una stanza di appena due metri quadri assieme alla piccola Sarah di 5 anni, rimasta orfana e che ora sta adottando.
Aiuto e pregiudizi
In soli cinque anni, la 32enne ha attivato una fitta rete di solidarietà dando accesso all’adozione scolastica per 905 bambini. Ma deve fare ancora i conti con l’ombra del pregiudizio. La disabilità infantile, fisica o psichica, è una vera e propria condanna all’emarginazione. Il destino di questi bambini è segnato fin dalla loro nascita. Alcuni vengono torturati, altri abbandonati.
E poi ci sono quelli ancora più sfortunati che non hanno via di scampo e vengono sacrificati secondo crudeli regole sciamaniche. Il suo sogno di aiutarli è sbocciato in Africa dove «è nato il progetto dei bambini malnutriti, orfani o disabili», continua la volontaria montebellunese, «poi progetti per rendere più autonome le famiglie».
Scelta di vita
Il rientro dai primi viaggi, per lei, significava portarsi dentro un macigno sul cuore. «Ero sopraffatta dalla tristezza», spiega Silvia, «avevo già percepito il desiderio di dedicare la mia vita ai bambini disabili e per questo prenotavo già il biglietto per il viaggio successivo».
Dopo la laurea in Scienze dell’educazione è consapevole che la sua vita è in Uganda. «In qualche modo il mio primo sostenitore è stato Antonio Savietto, anche lui di San Gaetano», spiega Marcolin, «per anni si era speso nel volontariato e ricordo che quando rientrava dai suoi viaggi restavo sempre affascinata dai racconti, e mi chiedevo cosa avrei potuto fare per aiutare quei bambini».
Dopo la morte del volontario, il parroco contatta la giovane offrendole l’eredità lasciata dall’anziano con lo scopo di portare avanti il suo lavoro. È grazie al budget messo a disposizione da Savietto che Silvia compra il biglietto, di solo andata che le ha cambiato per sempre la vita. «Siamo contenti per lei perché sappiamo che lì ha trovato la sua felicità», sottolinea il papà Claudio, che con la moglie Lidia gestisce l’associazione.
La solidarietà
L’immenso lavoro di Silvia è sostenuto da molte famiglie del Montebellunese, parenti, amici, e con il passaparola. «Adesso riceviamo donazioni anche dall’estero», dice il presidente di Effatà, Marco Guarda, «Grazie all’impegno di Silvia speriamo di accogliere molti bambini, soprattutto disabili, e di offrirgli l’amore e l’affetto di cui sono stati privati».
Ogni giorno, sfidando il caldo torrido o le piogge torrenziali, la sveglia suona prima dell’alba e la volontaria percorre anche trenta chilometri a piedi per far visita alle famiglie che le chiedono aiuto. «A volte è una corsa contro il tempo», chiude Marcolin, «ma l’Africa non è solo povertà ma sorrisi, accoglienza e l’importanza di essere felici con poco, cose che in Occidente stiamo dimenticando».
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