Signore delle Orchidee, dalla fabbrica alla serra: Ivan, è di Treviso il più grande collezionista d’Italia

Marcassa a Breda ha messo in pratica i consigli del nonno: «E oggi la Cattleya si è schiusa dopo dieci anni di attesa»
Valentina Calzavara
ZAGO AG.FOTOFILM BREDA DI PIAVE . IVAN MARCASSA COLTIVATORE DI ORCHIDEE NELLA SUA SERRA IN VIA LEVADA,21
ZAGO AG.FOTOFILM BREDA DI PIAVE . IVAN MARCASSA COLTIVATORE DI ORCHIDEE NELLA SUA SERRA IN VIA LEVADA,21

TREVISO. Sopra la sua testa tremano foglie, si dondolano fiori. Una nuvola di vapore rimanda alle calde foreste d’Amazzonia. L’aura esotica potrebbe trarre in inganno.

Siamo, invece, a Breda di Piave con Ivan Marcassa, il Signore delle orchidee. Lui nella vita non ha fatto il detective come Nero Wolfe ma l’operaio alla cartiera Burgo, e oggi, a 64 anni, è il più grande collezionista privato di orchidee in Italia. Il solo tratto in comune con l’eroe letterario: una sterminata passione per le bellezze floreali. L’unico “giallo” che Ivan conosce, quello dei boccioli di vaniglia, appena schiusi.

«Anche la vaniglia è un’orchidea ma pochi lo sanno quando ne usano il baccello come spezia». Nella sua serra si trovano più di quattromila esemplari, una straordinaria distesa vegetale che emana profumi e suggestioni, con la possibilità di raccogliere infiniti aneddoti.

Le varietà più maestose saranno in mostra sabato 19 e domenica 20 giugno alla manifestazione “Asolo Orchidea” ospitata a Villa Razzolini Loredan. Una due giorni aperta gratuitamente al pubblico con corsi di coltivazione, degustazioni di tè alla camelia, musica e nozioni di giardinaggio con la partecipazione della Società Felsinea di Orchidofilia. L’inaugurazione domani alle 14 con la presentazione delle piante esposte e della giuria presieduta da Alejandro Capriles, a seguire gli eventi (su iscrizione 347 4649729).

Domenica si replica dalle 9 alle 19.30. «Bisogna amare la natura e avere la testa nella serra». La passione botanica di Ivan ha radici nell’infanzia ed è sbocciata negli anni. «Fu Giuseppe, il nonno materno, a trasmettermi l’amore per le piante. Era un contadino, lo seguivo sempre, nei campi e tra i limoni, mi insegnava a fare gli innesti, a osservare i dettagli a prestare attenzione ai particolari».

Provare per credere, le piante parlano, a modo loro certo, ma capirne i segnali è fondamentale, specie quando si ha a che fare con varietà rare come quelle custodite da Ivan. Spesso indisciplinate, talvolta viziate, qualche volta pigre nelle fioriture o sofisticate al punto da richiedere acqua e concime misti a una buona dose di attenzioni.

«Erano dieci anni che questa Cattleya schilleriana non fioriva, oggi mi ha fatto proprio un bel regalo, un’esplosione di fiori rosso acceso che è valsa l’attesa». Avventurosa la storia della Cattleya maxima, con le infiorescenze che virano all’azzurro. «Venne raccolta da padre Angelo Andreetta, missionario friulano in Ecuador, un pioniere della natura che devolveva in beneficienza il frutto delle sue esplorazioni». Ivan si muove sicuro nel suo regno, accarezza i boccioli color rame dell’orchidea “apprendista stregone”, alza gli occhi al cielo per indicare un Dendrobium colto in Birmania, si sofferma sull’orchidea ragno dalla foggia grottesca, indica la radice officinale di una specie presente in Oriente, sogna le lande nebbiose del Perù, dove spuntano i petali carnosi dell’Odontoglossum.

Il Signore delle orchidee conosce a memoria tutti i nomi delle sue creature. «La loro bellezza incanta». Non a caso sono tra i fiori più citati in letteratura, oltre ad essere uno dei maggiori indicatori di biodiversità al mondo. «Gli ecosistemi sempre più fragili mettono a repentaglio molte orchidee. Alcune possono essere impollinate solo da speciali tipi di farfalle, quindi se scompare l’insetto, anche le piante saranno condannate all’estinzione». Custodirle in serra significa regalarci una chance in più per assistere al prodigio della natura. 

 

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