Si rompe la protesi al seno a una donna di Treviso, risarcita dall’azienda

TREVISO. Si era sottoposta ad una mastoplastica additiva per sentirsi maggiormente a proprio agio con un seno leggermente più prosperoso. Ma quell’intervento di chirurgia estetica è costato un lungo e doloroso calvario a una donna trevigiana, difesa dall’avvocato Giorgio Caldera, che ha trascinato davanti al tribunale civile l’azienda farmaceutica irlandese Allergan spa, ditta fornitrice delle protesi mammarie.
Con la sentenza pubblicata nelle scorse settimane, la giudice Maria Teresa Cusumano ha dato ragione alla paziente: si legge nel dispositivo, infatti, che «secondo la regola del più probabile che non, le protesi in oggetto non fossero un prodotto sicuro, non rivestendo le caratteristiche contemplate dalla norma». Richiamando quanto sostenuto dal consulente tecnico d’ufficio, la giudice ha chiarito che «la causa della rottura delle protesi sia da attribuire ad un difetto strutturale», escludendo qualsiasi condotta impropria da parte del chirurgo della clinica privata della Castellana che aveva inserito le protesi al seno. Di qui il risarcimento, tra danni patrimoniali e non, oltre che spese di lite, di 25mila euro, che Allergan spa dovrà pagare.
L’intervento risale al 2003. Cinque anni dopo, la paziente si era dovuta sottoporre a un intervento di asportazione di un nodulo che, all’esito di un esame istologico, era risultato reattivo al silicone della protesi. Con una risonanza magnetica era emerso come ci fossero anche altri linfonodi reattivi al silicone.
Credendo di ovviare al problema, la paziente era tornata sotto i ferri: erano state rimosse entrambe le protesi, che risultavano rotte, e ne erano state posizionate di nuove, della stessa marca.
Ma anche le seconde protesi presentavano lo stesso problema, con la comparsa di ulteriori linfoadenopatie, tanto che nel 2012 non c’era stata altra soluzione che sottoporre la donna ad un’ulteriore sostituzione delle protesi, anche in questo caso rotte. Per il terzo impianto era stato scelto un prodotto di un’altra ditta.
Le richieste di risarcimento ad Allergan erano state respinte sostenendo da un lato la regolarità delle protesi, dall’altro la predisposizione della paziente e la non osservanza delle raccomandazioni a non sottoporre le protesi ad attività fisica intensa e massaggi vigorosi. Tesi, queste, disattese dal ctu. La donna ha quindi intentato la causa civile che si è conclusa con il riconoscimento della difettosità delle protesi e quindi del risarcimento.
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