San Camillo, la Izzo inguaiò le colleghe

L’impiegata usava le loro password per intascare le parcelle. E ieri ha patteggiato la pena di un anno per peculato
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I conti con la giustizia li ha fatti patteggiando 1 anno, per peculato, ieri in tribunale. Quelli con la casa di cura San Camillo li ha chiusi in modo diverso: si è licenziata e ha restituito il maltolto, circa 6mila euro di rimborsi ingiustamente trattenuti.

Marta Izzo, 32 anni, la (ex) dipendente del settore amministrativo la clinica di viale Vittorio Veneto, aveva creato un sistema che si basava sui rimborsi che la clinica versava a chi, avendo pagato una prestazione o una visita, non l’aveva invece potuta sostenere, per i motivi più diversi. Con la voce rimborsi dovuti o errori lei girava il denaro ai destinatari ignari, almeno formalmente, salvo trattenersi invece il corrispettivo del’importo. Come faceva? La donna utilizzava la sua password in maniera sistematica, ma anche spesso quelle delle colleghe, ignare anch’esse. Bastava una pausa, un cambio di turno, e la dipendente entrava nel sistema sfruttando la chiave di accesso delle altre impiegate.

Così, quando al San Camillo i conti non sono tornati e sono cominciati gli accertamenti contabili (almeno 30 mila, sembra, le fatture e i versamenti esaminati) l’istituto privato ha fatto partire lettere di contestazione alle impiegate dell’ufficio, proprio perché le password usate per i versamenti sospetti portavano ad allargare accertamenti e responsabilità.

Non sono stati decisamente mesi sereni, per le colleghe della Izzo: da un lato consapevoli di aver fatto il loro dovere, dall’altro alla prese con i codici informatici che le chiamavano in causa. Il fatto poi che contestualmente fossero partite le procedure disciplinari ha solo aggravato la situazione, per le incolpevoli. Solo al termine degli accertamenti coordinati dal pm Antonio De Lorenzi, è emersa in maniera inequivocabile la loro totale estraneità ai fatti contestati, concentrando le accuse sulla Izzo. E almeno 5 di loro hanno potuto tirare un sospiro di sollievo.

A conclusione del processo, il segretario generale della casa di cura cittadina, Mario Bassano, sottolinea il ruolo del San Camillo nell’accertamento dei fatti: «Credo che possiamo essere soddisfatti dell’efficienza dei nostri sistemi di controllo, che ci fosse qualcosa di poco chiaro è emerso davvero in tempi rapidissimi. E nel giro di 5 mesi, che sono tempi tecnici necessari in casi come questi dovendo vagliare migliaia e migliaia di rendiconti e documentazioni contabili, sono emerse irregolarità e responsabilità» – dichiarava ieri . E in particolare rileva la rapidità delle indagini, sia interne che penali.

«Mi sembrano inopportuni gli accostamenti al caso Bolzan avvenuto all’Usl 9 - spiegava – se altrove c’è voluto più tempo , qui le nostre strutture hanno risposto in modo encomiabile, colpendo subito la mela marcia. L’indagine interna ha portato alla restituzione delle somme ingiustamente trattenute. Possiamo dirci sereni, e anche orgogliosi, con la coscienza a posto».

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