Russia e Ucraina nello stesso stand: così a Pieve di Soligo la festa multiculturale invoca la pace

Nel medesimo gazebo di domenica anche donne e bambini rappresentanti di Bielorussia e Moldavia. Il gruppo di danzatrici Kalinka ospita profughi di entrambi i Paesi in guerra: «La sofferenza è di tutti»

Francesco Dal Mas
Gli stand uniti
Gli stand uniti

In piazza, a Pieve di Soligo, ucraine e russe insieme: a danzare, a cantare, ma anche a presentare il meglio della loro cucina, sotto un unico stand, messo a disposizione da Savno. È accaduto nello scorso fine settimana, nell’ambito della prima edizione del Mosaico di culture, organizzata dal Comune e coordinata da Andrea Berton.

«La nostra frequentazione non è una novità, da tempo promuoviamo insieme il meglio delle nostre identità – ci dice la signora Myroslava, ucraina, che abita a Conegliano -. Io stessa, in questi anni così difficili, di guerra, ho ospitato russi che per diversi motivi hanno lasciato il loro Paese accanto a profughi ucraini. E, insieme a noi, collaborano dove bielorusse e moldave». Tutte insieme hanno costituito anche il Gruppo Kalinka, di ballerine. Kalinha è l’albero simbolo dell’Ucraina e in parte anche della Russia. «Siamo unite da una comune sofferenza e tutte, proprio tutte – afferma Myroslava – operiamo nel nostro piccolo perché la guerra finisca il prima possibile». Lo stand ucraino- russo e la danza animata insieme hanno attirato anche l’attenzione del presidente della Commissione Agricoltura e Industria del Senato, Luca De Carlo, Fdi, che intervenuto alla manifestazione ha voluto complimentarsi.

«Da qui partono tanti messaggi di pace e convivenza, ma – ha precisato - su tutti ci tengo a sottolinearne uno in particolare: lo stand condiviso da Ucraina e Russia, una situazione difficile da trovare da altre parti.

Grazie quindi a chi ha organizzato e a chi ha dato vita a una manifestazione come questa, perché donare il proprio tempo per gli altri – a prescindere dal proprio credo politico – è una cosa che la politica e tutti noi dobbiamo imparare e coltivare».

Ma la nuova rassegna interculturale di Pieve è stata all’origine anche di altri piccoli miracoli. Una comunità islamica del Bangladesh si è trovata fianco a fianco di un gruppo di indiani induisti collaborando nell’animazione della festa.

Si sono palesate le donne con una vera e propria parata; le prove del loro spettacolo le hanno fatte presso i parcheggi dei supermercati.

I bengalesi pievigini, restìi all’integrazione, hanno fatto un passo avanti e hanno promesso che «la prossima volta porteremo le nostre danze».

I macedoni si sono presentati in associazione, portando le loro specialità. Ma i piatti esauriti nel più breve tempo sono stati quelli della Corea del Sud. La moglie di Arif, morto di infarto pochi giorni prima della festa, ha promesso che continuerà la sua missione: di danza e musica. Al Mosaico aveva promesso portare 18 ballerini. «A Pieve e nel Quartier del Piave ospitiamo pacificamente decine di comunità straniere, in Comune abbiamo il primo assessore di origini marocchine – afferma il sindaco Stefano Soldan -. Non è stasta dunque una sorpresa ospitare insieme ucraine e russe. Il nostro è un microcosmo di etnie, culture, religioni diverse che quotidianamente praticano non l’assimilazione ma la convivenza, l’integrazione».

Aggiungono gli assessori Eleonora Sech e Mohammed Hammouch: «Attraverso questa rassegna, vogliamo valorizzare i loro usi, costumi e tradizioni, per scoprire la bellezza che ogni popolo sa esprimere e per condividere dei momenti insieme». —

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