«Riprendiamoci il banco» Esplode la gioia dei liceali in classe dopo mesi di Dad

Ieri mattina più di 20 mila studenti trevigiani hanno rivisto compagni e professori Eddy: «Prima passavo la giornata in pigiama, solo uscire di casa cambia la testa» 

treviso

Pochi minuti alla prima campanella, il Duca degli Abruzzi a una manciata di metri. Gli alunni di una quinta scientifico parlottano vicino a un bar. Si sentono come a settembre, come se si fossero rivisti dopo le vacanze estive. A un tratto, una ragazza esorta i compagni: «Andiamo a prenderci il banco». E, in un amen, scatta la corsa per raggiungere l’ingresso del liceo. Una corsa gioiosa e liberatoria, un mix di spontaneità e leggerezza che diventa immagine simbolo del rientro in aula degli studenti delle superiori dopo tre mesi di didattica a distanza.

Un rientro a scuola al 50% che ha interessato oltre 20 mila alunni della Marca. Alunni che, con rotazioni settimanali, riabbracciano aula e lavagna dopo mattine infinite davanti al computer. Alunni che, come i ragazzi del Duca degli Abruzzi, corrono dalla felicità. Valentina De Stefano frequenta invece la 5ª A linguistico del Canova. E quando chiediamo a lei e alle compagne le sensazioni del primo giorno, ci indica subito l’orologio, ricordando la campanella imminente. Come fosse impaziente e non volesse perdere neppure un attimo del ritorno fra i banchi. Valentina sorride, ma evidenzia anche un certo realismo: «Da un lato c’era la gran voglia di tornare e uscire di casa, dall’altra sappiamo che la frequenza è a rotazione, perciò la prossima settimana ci ritroveremo in Dad», sospira, «Spiace vivere un anno così, specie pensando che fra qualche mese avremo la maturità».

La compagna Alessandra Gesti sottolinea un altro aspetto: «Mi mancavano tanto i compagni, fare scuola da casa è un’altra cosa. E poi, c’è un problema di metodo di lavoro: non è facile riabituarsi alla didattica frontale e poi ritrovarsi a distanza nel giro di pochi giorni». Sulla stessa lunghezza d’onda Lucrezia Tomaselli: «Bellissimo rivedere i compagni. Ci organizzavamo con le videochat, ma guardarsi negli occhi è un’emozione diversa. Un po’ destabilizzante, sul piano dell’apprendimento, alternare lezioni in presenza e in aula. Ed è un vero peccato dover rinunciare alla gita: saremmo dovute andare a Salamanca».

Pure al Duca la prima lezione sta per scattare. Ed Emanuele Stulfa, della 5ª A scientifico, non fa giri di parole: «Avevamo bisogno di socializzare. Va bene lo studio, ma mancava la colazione al bar con i compagni». Matteo Lanzi ha sensazioni contrastanti: «C’è la contentezza del ritorno, ormai la lontananza dai banchi stava diventando un problema sociale. Dall’altro, persiste, però, la paura per il virus, che il distanziamento in aula possa non essere sufficiente». All’uscita, l’unico sentimento pare la gioia. Fa capolino negli occhi di tutti. Come Ebtisam Lahmid, del Mazzotti: «Volevo rivedere i compagni». Come Giulia Green, 5ª I, anche lei del Turistico. È la figlia di Craig, noto coach di rugby. «Una grande emozione», esordisce, «Questo ritorno fra i banchi è un passo avanti importantissimo per noi e per tutto il Paese. E devo dire che la scuola si è organizzata davvero bene: ci hanno donato pure un flaconcino con il gel». L’unico motivo di dispiacere è legato alla didattica mista: al Mazzotti le classi sono divise a metà, mentre altrove si predilige la rotazione di classi intere.

«Viene un po’ meno il rapporto con l’altro gruppetto di compagni», rimarca la compagna Ilaria Favaretto. Per Alice Rosin, stessa classe, è come se ieri fosse cambiato il mondo: «Già uscire di casa ti cambia la testa». Eddy Aluya annuisce: «Passavi la mattina in pigiama, il solo tratto casa-scuola in bici modifica la prospettiva». —



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