Radio Veneto Uno è allo stremo, Ghizzo: «Senza fondi chiudiamo»

TREVISO. Radio Veneto Uno è nuovamente allo stremo. Il patron Roberto Ghizzo, 71 anni, sta provando tutte le strade delle diplomazia per non chiudere i battenti della storica emittente cittadina, attiva da 45 anni e rimasta l’ultima sulla piazza del capoluogo.
Ai suoi più stretti collaboratori l’imprenditore radiofonico non ha nascosto le difficoltà: i ristori hanno tamponare contributi, bollette e stipendi arretrati dei giornalisti della redazione, ma restano le spettanze degli ultimi tre mesi.
Orizzonti esili, anche per i musicisti che storicamente collaboravano per eventi e trasmissioni, a cominciare dall’Orchestra sinfonica della radio, fiore all’occhiello della programmazione culturale che affianca l’informazione nel palinsesto. Tuttora, Ghizzo ha distribuito, da quando p esplosa la pandemia, i video di 71 concerti a tv locali italiane per sopperire alla chiusura di teatri e sale da concerti imposta dalle leggi contro la diffusione del virus.
La radio di via 55º Reggimento Fanteria non ha ricevuti contributi dallo Stato né per il 2018 né per il 2019: 700 mila euro, più o meno, nel biennio. E sul finanziamento pubblico, sin da quando beneficiava dei contributi perché organo di partito (Liga Veneta Repubblica, nata nel 1998 da una scissione della Liga, poi Veneti d’Europa, Liga Fronte Veneto. di nuovo Liga Veneta Repubblica, infine “Nordest Europa-Veneti Liberi nell’Europa dei popoli”) la radio ha vissuto: fra 2003 e 2012, oltre 5 milioni.
Ha anche presentato domanda per il 2020 dopo il decreto straordinario che concedeva contributi per l’anno della pandemia, tuttora in attesa. Ma con le premesse del biennio precedente, la speranza è appesa a un filo, ossia al nuovo sottosegretario per l’Editoria del governo Draghi, il forzista Giuseppe Moles, dopo che la radio trevigiana ha provato a far valere le proprie ragioni con i predecessori Vito Crimi (M5S, governo Conte 1) e Andrea Martella (Pd, Conte 2).
«È inammissibile che a dicembre 2019 l’ufficio per il sostegno all’editoria che faceva capo alla presidenza del Consiglio dei ministri ci abbia escluso dalle erogazioni dei contributi perché a loro dire la nostra emittente non facendo informazioni nazionale non ha valenza generale», dice Ghizzo, «È una presa di posizione che viola il principio costituisca le del pluralismo dell’informazione, e sopratutto contraddice quanto avviene nell’informazione della carta stampata, dove accedono ai contributi sia i quotidiani nazionali che quelli regionali e quelli locali». Beffa delle beffe, l’accusa nemmeno troppo velata della commissione governativa di essersi auto concessi i requisiti per poter accedere al bando nazionale.
«Parla la nostra storia, ci siamo sempre mossi nel rispetto delle regole, a cominciare dalla legge 250 del 1990», continua Ghizzo, «senza contributi non potremo durare, stavano già per spegnerci per i ritardi nel pagare le utenze, ho rimediato appena in tempo. Il governo rimedi a questa ingiustizia: considero giornalisti e tecnici come figli, non dipendenti, e non voglio che perdano i loro posti di lavoro».
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