Quel Boeing in atterraggio a tu per tu con “l’elicotterino”

Dalla relazione 2018 dell’agenzia per la sicurezza la segnalazione della pista dell’aeroporto Canova «Troppi pericoli» così il blocco

Tra le sessante segnalazioni registrate dall’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo nel 2018, una riguarda anche l’aeroporto Canova. Risale al luglio del 2018 quando un A320 «in avvicinamento alla pista a 800 piedi, riporta di aver avuto in vista un drone, a circa 100 piedi sopra la propria posizione». Di fatto quindi mentre un Boeing atterrava, un drone gli volava sopra, senza che vi fosse alcuna segnalazione di attività aerea in zona, e senza rispettare ovvie distanze di sicurezza (100 piedi sono 30 metri).

Le altre segnalazioni raccolte dall’agenzia dagli aeroporti di tutta Italia vanno da così a peggio: «Incroci ravvicinati», incidenti sfiorati, «sfilamenti» a poche decine di metri da aeroplani passeggeri in decollo o atterraggio.

Troppo. Di qui la normativa del maggio scorso che ha definito la no-fly zone attorno agli aeroporti, definendo tre aree distinte. La prima, quella del divieto assoluto, si estende per 2,5 chilometri sia a destra che a sinistra della pista, e per 6 chilometri in sù e in giù in linea con essa; la seconda per 4 chilometri da ambo i lati e 10 ambo i lati in lunghezza; la terza per 8 in larghezza e 15 in lunghezza, sempre ambo i lati. Nella prima area “rossa” i droni sono vietati, nella seconda (area arancione) sono ammessi sotto quota 25 metri, nella terza (area gialla ) solo fino a una quota di 40 metri. Fatta salva l’esistenza di edifici che superino quella quota, e che possono essere affiancati in volo dai droni ma solo entro una distanza massima di 50 metri. Possono essere autorizzati voli in aree e a quote diverse tramite le cosiddette “Notam”, che però hanno tempi biblici. —

F.D.W.

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