Quei bolidi nascosti fra i capannoni

Le persone che hanno avuto la possibilità di vedere l’immensa collezione privata di Luigi Compiano sono pochissime. Tolti i camionisti incaricati di portare e scaricare auto, moto e motoscafi, dentro i quattro capannoni sequestrati dalla Guardia di Finanza sono entrati i quattro meccanici a cui Luigi aveva affidato il compito di curare la flotta e poche altre persone, si dice cinque in tutto. Tutti gli altri fuori, compresi i vigilantes a cui Luigi aveva ordinato di passare ogni notte a controllare che fosse tutto a posto.
Ma cosa c’è dietro le porte chiuse e le serrande abbassate dei capannoni-garage di via del Lavoro a Breda di Piave, via Volta e via Pacinotti a Villorba? Chi ha visto sfilare alcuni dei «gioielli» di Luigi sono i vicini, quelli che a bocca aperta assistevano all’arrivo di auto americane, Ferrari di gran lusso, Rolls Royce, ma ancor più del grande catamarano da corsa lungo più di 13 metri che anni fa aveva gareggiato davanti al Lido di Venezia sfidando altri bolidi a motore prima di finire sul retro del deposito di via Pacinotti, nascosto a tutti, posizionato in modo tale da non poter essere visto pur rimanendo fuori dal capannone che custodisce invece veri e propri gioielli della nautica. Come motoscafi «Riva», in legno, prototipi da corsa in vetroresina, scafi anni Settanta che ancora conservano loghi e finiture tipiche dell’epoca. Ma lì, nel piazzale, ci sono anche un motoscafo da corsa battente bandiera inglese e un piccolo «cofano», anche quello da gara, che fanno a pugni con un rudere in legno che una volta era la carena di una barca da laguna.
«Qui c’era via vai soprattutto nel fine settimana», raccontano alcuni vicini, «arrivavano con i camion, ma non aprivano il portone principale, facevano il giro per arrivare sul retro in modo che nessuno vedesse». Lì, scaricavano gli ultimi acquisti che venivano posizionati su appositi invasi e ordinati in mezzo agli altri. «Non credevo ai miei occhi», racconta una delle poche persone che hanno buttato l’occhio dietro i portoni che i vigilantes ogni sera marchiavano con i loro bigliettini e che oggi sono chiusi dai sigilli del sequestro.
La logistica di Compiano era chiara: in via Pacinotti le 70 barche contate dalla Finanza; in via Volta e via del Lavoro le auto (le fiamme gialle ne hanno sequestrate 400). «Qui l’unica persona che si vedeva era il meccanico, di quando in quando» dicono gli artigiani della zona, «le porte erano sempre chiuse, il giardino incolto, le finestre bloccate. Quando si sentivano rumori e movimenti ci si affacciava e si faceva appena in tempo a notare un carro attrezzi che portava all’interno una nuova auto».
Il via vai delle consegne si è fermato circa un anno fa, quando sono arrivate una Giulietta, una Porsche assetate da corsa per la formula Gt3 ma anche una vecchia auto americana appena arrivata, pare, dagli Stati Uniti.
Ma nel parco auto posto sotto sequestro dalla Finanza ci sono anche vecchie signore ridotte ormai a ruderi, segno che Compiano accumulava e non cedeva mai, tantomeno rottamava. Quel che non era degno del museo personale finiva all’esterno, sotto un telone verde, con le ruote e la carrozzeria a pezzi. Ignorato, mai dimenticato. Quattro le auto in quello stato all’esterno del «porto» di via Pacinotti.
Chi erano i quattro meccanici? Si fa il nome della carrozzeria Roggia, il cui titolare – grande amico di Compiano – oggi dice di non vederlo da molto tempo. Ma si fa riferimento soprattutto al mondo dei rally a cui Luigi era legatissimo. «La vita mondana di Luigi? Inesistente», dice chi ben lo conosce. «Al massimo un caffè a Lanzago» di Silea. Ma forse con un Ferrari, che passione.
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