Prostituzione a Treviso: tratta delle nigeriane, africana arrestata

L'arresto è avvenuto a Treviso. La donna, residente a S. Zeno, in contatto con un trafficante libico che organizzava i viaggi
Sassari 20011024 Prostituzione nigeriane sul marciapiede ( / )
Sassari 20011024 Prostituzione nigeriane sul marciapiede ( / )

TREVISO. Vive nel quartiere trevigiano di San Zeno, una giovane donna nigeriana, A.M., sospettata di fare parte di un’organizzazione dedita al traffico di donne provenienti dall’Africa e destinate alla prostituzione sulle strade del nord Italia. La polizia l’ha arrestata lo scorso fine settimana, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal tribunale di Perugia, dove si è sviluppata l’inchiesta. La donna si trova ora agli arresti domiciliari proprio nella sua casa a San Zeno. Fatale le è stata una telefonata fatta ad un trafficante d’esseri umani in Libia al quale aveva chiesto informazioni su una sua connazionale ferma sulle coste del paese nordafricano in attesa di essere imbarcata in un gommone diretto in Italia.

Nell’inchiesta sono rimasti coinvolti altri sette cittadini nigeriani, cinque in carcere e due agli arresti domiciliari. I referenti dell’organizzazione avevano il compito di organizzare e procurare l’ingresso clandestino in Italia di decine di donne africane, gestendo il loro viaggio dalla Nigeria alla Libia, la loro permanenza nei ‘ghetti’ sulle coste libiche, dove i migranti venivano sottoposti a violenze e privazioni, la traversata via mare fino all’Italia su fatiscenti imbarcazioni e il successivo trasferimento dai centri di accoglienza italiani nel territorio di destinazione finale. Ad alcuni indagati viene contestata l’aggravante di aver agito insieme a uomini, non ancora identificati, appartenenti a gruppi criminali libici che gestiscono i ‘ghetti’ e fanno parte di organizzazioni criminali estere dedite alla tratta di migranti via mare sempre sulla rotta Libia-Italia.

L’indagine parte dalla denuncia di una giovane prostituta - una ragazza nigeriana che nel 2016 aveva trovato la forza di raccontare tutto alla polizia - costretta a prostituirsi per pagare un’ingente somma di denaro, 10.000 euro in tutto, agli organizzatori della tratta di esseri umani.

Dalle indagini è emerso che erano in particolare due gli organizzatori mentre gli altri, come la nigeriana di san Zeno, avrebbero avuto ruoli più defilati ma non per questo meno gravi. In particolare i due promotori, oltre a organizzare e gestire la tratta dalla Nigeria alla Libia, avrebbero mantenuto continui contatti con i complici in Nigeria che si occupano del reclutamento, con i referenti in Libia che gestiscono i rapporti con le famiglie d’origine delle donne destinate alla strada, anche imponendo la sottomissione al rito “voodoo”.

Le accuse contestate a vario titolo ai nigeriani contemplano l'associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani ed alla riduzione in schiavitù, il favoreggiamento e lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, la rapina e l'estorsione in danno delle connazionali riottose a prostituirsi per il pagamento del cosiddetto "debito d'ingaggio".


 

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