«Popolari, non ci fu conflitto di interesse» Dalla Costa “assolto” anche in Cassazione

La moglie Ippolita Ghedini era consulente esterno dell’istituto di credito: per i giudici nessuna incompatibilità nelle indagini
20091126 PADOVA - POL -LARIO-BERLUSCONI:AVV.PREMIER, NOTIZIE NON GIOVANO AD ACCORDO - Gli avvocati Luisa Ippolita Ghedini (D) e Vittoria Nicoletta Ghedini, sorelle del deputato del Pdl Niccolo' Ghedini, storico legale del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nel procedimento di separazione fra la signora Veronica Lario e il premier, Berlusconi avrebbe scelto di farsi rappresentare dallo studio di Niccolo' Ghedini, che ha sede a Padova, in particolare da Ippolita Ghedini, avvocato civilista. ''E' una separazione che va trattata con la riservatezza necessaria, come deve avvenire in tutte le separazioni. E trovo disdicevole che escano queste notizie. Non ho nulla da aggiungere, se non che mi dispiace perloro: questo genere di notizie non giovano ad arrivare ad una separazione consensuale''- ha dichiarato Ippolita Ghedini, commentando quanto pubblicato oggi sulla vicenda dal Corriere della Sera. ANSA / DAVIDE BOLZONI / DBA
20091126 PADOVA - POL -LARIO-BERLUSCONI:AVV.PREMIER, NOTIZIE NON GIOVANO AD ACCORDO - Gli avvocati Luisa Ippolita Ghedini (D) e Vittoria Nicoletta Ghedini, sorelle del deputato del Pdl Niccolo' Ghedini, storico legale del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nel procedimento di separazione fra la signora Veronica Lario e il premier, Berlusconi avrebbe scelto di farsi rappresentare dallo studio di Niccolo' Ghedini, che ha sede a Padova, in particolare da Ippolita Ghedini, avvocato civilista. ''E' una separazione che va trattata con la riservatezza necessaria, come deve avvenire in tutte le separazioni. E trovo disdicevole che escano queste notizie. Non ho nulla da aggiungere, se non che mi dispiace perloro: questo genere di notizie non giovano ad arrivare ad una separazione consensuale''- ha dichiarato Ippolita Ghedini, commentando quanto pubblicato oggi sulla vicenda dal Corriere della Sera. ANSA / DAVIDE BOLZONI / DBA



Dopo il Consiglio Superiore della magistratura, anche la sezione disciplinare della Suprema Corte assolve l’operato del procuratore capo di Treviso Michele Dalla Costa sui presunti profili di incompatibilità ambientale che erano stati segnalati in un esposto nell’ambito dell’inchiesta Veneto Banca aperta a Treviso e poi passata a Roma, per tornare infine nella Marca. Una presunta incompatibilità dovuta al fatto che la moglie del magistrato, il noto avvocato padovano Ippolita Ghedini, sorella di Niccolò (legale di Silvio Berlusconi), aveva ricevuto incarichi di consulenza proprio dall’istituto di credito Montebelluna, agli albori dello scoppio dello scandalo.

Confitto di interessi? Immagine della magistratura irrimediabilmente macchiata? Niente di tutto ciò. Anche i giudici della Corte Suprema, a sezioni civili riunite, hanno dato ragione a Dalla Costa al quale la procura generale imputava di non essersi astenuto dal procedimento penale di Veneto Banca trattato dal suo ufficio. Un obbligo di astensione che, secondo la procura generale che ha impugnato “l’assoluzione” del Csm dell’aprile scorso, era rapportato agli interessi economici e di relazione derivanti dal fatto che la moglie Ippolita Ghedini, aveva ricevuto, nel settembre 2014, un incarico professionale da Veneto Banca, e ciononostante, nel dicembre del 2014, il procuratore Dalla Costa “aveva iscritto il procedimento su Veneto Banca come “notizia di reato”, delegando le indagini al nucleo regionale di polizia tributaria di Venezia e, nell’ottobre 2015, aveva rimesso il fascicolo di competenza alla procura di Roma”.I giudici della Corte di Cassazione hanno riconosciuto ora che la condotta di Dalla Costa non ha inciso negativamente sulla sua immagine e sul prestigio dell’ordine giudiziario, «non essendo stata ispirata a fini diversi da quelli istituzionali». In particolare, dopo aver ricevuto l’esposto su Veneto Banca nel dicembre 2014, Dalla Costa aveva compiuto le attività imposte doverosamente dal suo ufficio, «tempestivamente e correttamente - sottolineano i giudici della Suprema Corte- iscrivendo il procedimento nel modello 45 (notizia di reato) e delegando le indagini alla polizia giudiziaria che nel settembre 2015 gli aveva riferito. Quindi nell’ottobre del 2015 aveva trasmesso per competenza il fascicolo alla procura di Roma, che aveva disposto l’archiviazione con la motivazione che si trattava di “esposto generico e riportante fatti penalmente irrilevanti”, valutazione questa corrispondente a quella resa dal gip del tribunale di Trento che aveva escluso la rilevanza penalistica dell’omessa astensione di Dalla Costa, rilevando che la sua condotta era stata conforme alla legge e non ispirata a favore o contro soggetti coinvolti nell’indagine». Nessun interesse «concreto» da parte di Dalla Costa, dicono i giudici, che assolvono l’operato del procuratore di Treviso riconoscendone la correttezza e l’imparzialità.–

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