Pieve di Soligo. “Alla Colomba”, la storia si ferma dopo 60 anni. Addio al locale che unì Berlinguer e Andreotti

la storia
Tutte le belle storie hanno un inizio, un corso e, prima o poi, una fine. Una regola a cui non hanno potuto sottrarsi, soprattutto quando è l’età a comandare, nemmeno lo chef Bruno Bellè e la moglie Graziella Bortot, storici titolari dell’albergo ristorante “Alla Colomba” di Pieve di Soligo. Dopo quasi sessant’anni di carriera hanno deciso di abbassare le serrande di una delle attività pievigine più longeve, tanto da esser entrata a far parte, nel 2019, della lista dei luoghi storici del commercio riconosciuti dalla Regione. «Ad un certo punto della vita, tutti devono fare i conti con l’implacabile passare del tempo - ammettono l’82enne Bruno e la moglie 80enne Graziella - fosse per la passione riapriremmo oggi stesso, ma oramai il fisico non ce la fa più».

Un lungo viaggio iniziato nel 1961, quando Bruno Bellè, appena rientrato dagli obblighi di leva, in pochi giorni dà una sterzata alla propria vita. Solamente 8 giorni dopo esser tornato a casa, infatti, Bruno sposa l’amata Graziella ed avvia la prima osteria con cucina di Pieve di Soligo, che egli stesso definisce “una delle più povere”.
La passione di Bruno per i fornelli è di casa. È figlio d’arte: fin dai primi anni aiuta e “ruba con gli occhi” i segreti della cucina da papà Luigi e mamma Caterina, proprietari di una trattoria lungo via Conegliano. Passione che a sua volta ha tramandato al figlio Loris, dell’omonimo hotel-ristorante in via Suoi nella frazione di Solighetto.

«Ho studiato all’istituto alberghiero di casa - scherza Bruno Bellè - sin da piccolo sapevo che questa sarebbe stata la mia strada. Dopo le difficoltà dei primi anni, sono iniziate le prime gratifiche in termini di clientela. Una lenta e meritata scalata, fino a diventare uno dei locali più importanti dell’intero nordest d'Italia, in cui è, letteralmente, passata una buona fetta della storia politica italiana: Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer, Amintore Fanfani, Claudio Martelli, ma la lista è davvero lunga. E poi Nunzi apostolici, Albino Luciani, diventato poi Papa Giovanni Paolo I, ed ovviamente erano di casa il Ministro Francesco Fabbri, Toti Dal Monte ed il grande poeta Andrea Zanzotto. Un’epoca assai viva, di passione e fermenti».

Una lunga storia che è valsa a Bellè anche l'onoreficenza di Commendatore della Repubblica italiana conferitagli dall’ex presidente Giorgio Napolitano. E gli aneddoti che la coppia potrebbe raccontare sono tanti: dalla "saletta 2" che il senatore Fabbri prenotava per le riunioni, al “pit in umido” che Zanzotto adorava. Ma è un aneddoto in particolare, legato alla cantante lirica Toti Dal Monte, che Bruno Bellè ricorda con simpatia: «La Toti era una grande esperta di cucina - racconta lo chef con un sorriso - molto appassionata, sapeva riconoscere e ricercava la qualità nei piatti e degli ingredienti, motivo per cui mi obbligava a preparare lo zabaione al tavolo, davanti ai suoi occhi, per il timore che usassi quello già pronto». «La clientela degli Anni Duemila si è dimostrata con un palato molto più incline alla ricerca, per cui abbiamo saputo e dovuto adattarci - prosegue il ristoratore - ciò nonostante, piatti poveri e tipici, come ad esempio i “radici e fasoi” non hanno mai abbandonato i nostri tavoli, segno che quando le cose sono buone, non c’è anno o periodo che tenga». —
Riccardo Mazzero
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